IL PROSCIUTTO SAN DANIELE
Ora, terminando il lungo discorso sulla cucina friulana, voglio dire poche cose su un prodotto principe: il prosciutto di San Daniele.
Il prosciutto crudo ha storia antica,
I Celti, primi utilizzatori del sale per la conservazione della carne di maiale, hanno lasciato in Friuli evidenti tracce della lora permanenza in epoca pre-romana. L'ubicazione geografica di San Daniele, su un colle a cavallo di passaggi obbligati verso le terre del nord, ne fece un insediamento importante. Oltre alle vestigia di castellieri celtici sparsi un po' ovunque nella zona, come ho già detto, molti sono i resti di insediamenti romani. E i romani conoscevano già bene il prosciutto (nell'antica Roma, la strada dei mercanti, la Via Panisperna odierna era appunto intitolata al panis=pane e alla perna=perna sicca=prosciutto). A Portogruaro, è stato ritrovato un cippo funerario appartenuto a un macellaio e ci si vede chiaramente l'immagine scolpita di un prosciutto con il suo zampetto.
Si deve dire che la poca umidità, il buon arieggiamento e il clima delle colline pedemontane consentivano di conservare meglio la carne e che la miglioravano. Avevano così' inventato la stagionatura, che è un fenomeno molto più complesso rispetto alla conservazione, ma che avviene sulla base di fenomeni naturali. L'unica cosa in più è la salatura iniziale.
E' per queste ragioni che San Daniele è diventata famosa per il suo prosciutto, grazie alla saggezza dei primi "salatori" della storia che ne apprezzarono il MICROCLIMA.
San Daniele segue il destino di Aquileia e diviene feudo dei Patriarchi che fissarono sul suo colle la loro residenza estiva e naturalmente non si facevano mancare i prosciutti.
Da feudo patriarcale San Daniele diventa poi "libero comune" e gode di lunghi periodi di relativa indipendenza dalla repubblica di Venezia, grazie anche a carichi abbondanti di prosciutti mandati ai vari Dogi o ai protettori veneti del momento.
San Daniele conobbe periodi di splendore, risparmiata da guerre e invasioni.
Regalata all'Austria da Napoleone dopo il trattato di Campoformido assieme a tutto il Friuli, conobbe il saccheggio dei francesi. Nel bottino oltre a preziosissimi codici miniati rubati alla Biblioteca Guarneriana, una cospicua quantità di prosciutti.....
Sono passati secoli dai tempi in cui la comunità di San Daniele mandava a dorso di mulo i suoi prosciutti ai prelati riuniti nel Concilio di Trento (dalle cronache antiche pare che si siano mangiati "trenta paia di persutti")...........
La storia del prosciutto comunque effettua la stessa strada che ha portato l'Italia dalla realtà rurale all'economia moderna, e c'è stato un tempo in cui la produzione non riusciva a soddisfare la domanda. E' degli anni venti la nascita dei primi primitivi "prosciuttifici". E' la cantina, ambiente di tipo domestico, che ospita una attività produttiva vera e propria. E all'epoca risale l'utilizzo dei primi suini non locali. Prima si utilizzavano soltanto i maiali neri friulani, razza che non ricordo di aver visto mai nelle porcilaie del mio paese, e che mi hanno detto estinta nei primi anni sessanta. Quindi le cosce fresche di maiale arrivavano in gran parte dalla Lombardia, ma di notte perchè non si doveva sapere che venivano da fuori.
La produzione aumenta ma non è ancora sufficiente. Il Prosciutto di San Daniele è noto ma non è facile trovarne abbastanza. Negli anni trenta per esempio D'Annunzio cerca di procurarselo raccomandandosi ad un amico bresciano. A fine anni quaranta il prosciuttificio diventa una vera impresa, una industria e con l'industria giungono capitali non locali.
Alla fine degli anni sessanta incominciano ad operare quelle aziende che sono ormai nomi noti su scala nazionale.
Ancora oggi però la lavorazione comprende queste fasi:
Selezione
scelta delle carni fresche che devono provenire da suini nazionali, controllati fin dalla nascita e alimentati in modo da garantire una carne di alta qualità, selezione e suddivisione per pezzatura e per pesi omogenei (non devono essere inferiori a 11 kg). Marchiatura con la data di inizio lavorazione.
Salatura
Avviene cospargendo di sale marino le cosce. Queste vengono massaggiate manualmente e poi riposte in una cella frigo. Qui vale una "regola aurea" molto antica.
Si lascia la coscia sotto sale tanti giorni quanti sono i chili del suo peso (15 kg=15 gg).
Pressatura
Questa è la fase successiva e tipica della lavorazione del prosciutto di San Daniele.
Si sovrappongono le cosce separate da assi, e si ottiene così lo schiacciamento delle cosce stesse. Questo schiacciamento ha come effetto di avvicinare la parte grassa alla parte magra e darà la tipica forma a chitarra al prosciutto.
Dopo la pressatura le cosce vengono messe in una cella di "sosta" dove restano a temperatura e umidità controllata e inizia un primo asciugamento.
Prestagionatura naturale
I prosciutti vengono sistemati in locali privi di aria forzata, dotati di numerosissime finestre che vengono aperte o chiuse a seconda delle condizioni climatiche. Così facendo si sfrutta al massimo il "microclima" locale per avere poi una asciugatura ottimale e naturale della coscia.
Se passate da San Daniele li potete vedere, sono inconfondibili capannoni molto alti con finestre lunghe e strette tutte allineate. Si dice che anche i prosciutti di Parma vengano portati qui a stagionare (sarà vero?)
Toelettatura
Mentre stanno appese ad asciugare con le finestre aperte, le cosce vengono toelettate. Si elimina la parte emergente dell'anchetta e la carne che circonda la noce.
Lavaggio
A rotazione vengono lavate, lasciate asciugare all'aria e riportate nei saloni di stagionatura.
Stuccatura
Consiste nel distribuire uniformemente e manualmente con molta cura sulla parte non protetta dalla cotenna, un miscuglio tutto naturale fatto con strutto, sale e farina di cereali.
Questa operazione consente di proteggere e ammorbidire la superficie esposta, assicurando il processo osmotico fra la carne e l'ambiente esterno.
Da qui poi i prosciutti passano al reparto di:
Stagionatura naturale
e qui vengono fatti quotidianamente dei controlli sull'andamento della produzione, si valuta l'aspetto esteriore del prosciutto, il suo colore e con cicli di palpazione delle cosce si verifica la consistenza e la elasticità della massa carnosa. Dopo un minimo di 12 mesi c'è la grande prova finale:
la si effettua con un osso di cavallo molto appuntito e sottile, che ha la proprietà di trattenere e trasferire gli aromi rilevati all'interno del prosciutto al naso esperto del mastro prosciuttaio.
In seguito a norma di legge gli ispettori verificano la rispondenza ai parametri qualitativi stabiliti ed effettuano un controllo sui prosciutti attraverso una ulteriore steccatura.
Solo i prosciutti che superano tale prova hanno il privilegio di essere marchiati e chiamati "Prosciutto di San Daniele D.O.P."
Dopo tante cure continue e amorose il prosciutto stagionato naturalmente, morbido e profumato è pronto per essere gustato.
Cosa che si può fare in tutta quella miriade di locali nati appositamente per far degustare il prosciutto.
E dove faccio tappa volentieri ogni volta che vado in Friuli. Il mio preferito è Ai Bjntars, osteria Slow Food, dove ti portano piatti di prosciutto, formaggio e Tocai locale, fresco e profumato.
Bjntars da Winter. L'oste racconta che nei tempi antichi, i soldati mercenari che venivano dal nord, per l'inverno tornavano nelle loro terre passando per San Daniele e siccome erano senza una lira, sostavano per fare qualche soldo al servizio di signorotti del tempo.
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