GLI ALTRI ALIMENTI ANTICHI


di Enzo Raspolli

Abbiamo visto che pane vino ed olio sono tre merci e tre parti fondanti della gastronomia mediterranea, ma accanto a questi elementi abbiamo anche molti altri prodotti che erano alla base della alimentazione dei nostri stra-nonni.
Delle olive abbiamo detto, ma anche i fichi si conservavano ed erano una bella scorta calorica, ma poi l’altra frutta e le innumerevoli verdure di cui molte sono andate definitivamente perdute.
L’atriplex o il rumex romani non si saprà mai cosa fossero, ed anche molte altre delle 97 varietà di verdure che sembra fossero usate nella cucina romana.
Nei film “romani” si vedono, durante i banchetti, solo cosciotti di agnello e maialini porchettati, ma non era così nelle case romane. La gotta non era una malattia sociale, lo diverrà dopo, quando arrivarono i barbari dal nord con la loro cultura della carne.

Certo anche gli antichi mangiavano carne, soprattutto maiali e ovini, ma la carne nobile era quella da caccia.
La pesca è sempre stata praticata sulle coste del mediterraneo, che è il mare con il pesce più saporito e più buono del mondo.
La mancanza di una rete di trasporto e del sistema del freddo facevano invece rimanere i pesci a livello di prodotti locali almeno fino all’età imperiale, quando i nuovi ricchi chiedevano merci sempre più costose e rare.
Bisognerà attendere la Roma imperiale infatti per vedere gli allevamenti di lepri o di murene, il trasporto di pesci con neve conservata ecc. Ma noi siamo ora agli albori della civiltà mediterranea. Pensate che la prima macelleria a Roma venne aperta nel 180 a.c.
Certo c’era un largo uso di spezie che già allora erano merce di scambio ed avevano un alto valore commerciale.
L’aglio era addirittura una divinità egiziana e le cipolle vengono citate come cibo prevalente nella dieta dei costruttori di piramidi.
Tra tutte le salse dobbiamo obbligatoriamente citare il repellente garum, ottenuto dalla macerazione in sale di pesce azzurro e/o degli intestini del medesimo.
I romani lo ereditarono dai greci e questo condimento, usatissimo in tanti piatti, resistette fino quasi al 1.600.
Celebre era quello prodotto a Pompei, ma comunque sempre si trattava di un prodotto putrefatto che pure costava molto ma che, dice Plinio aveva un “ Odore quoque ingrato”.
Un epigramma di Marziale è ancora più esplicito: “Basta una zaffata del fiato di Papilio a trasformare in garum il migliore unguento”.
Chi era Papilio ????
Chi era Papilio ??????????
Una variante del garum era infatti il “liquamen” ed era la versione soft.
Il fatto che un ingrediente così “forte” fosse largamente usato ci dice qualcosa sul gusto dei piatti, ma vedremo più avanti.

Ma se sappiamo, e nemmeno bene, quali erano i prodotti disponibili per i nostri antenati, quale era la loro cucina? Come li accrocchiavano questi prodotti?
Qui bisogna fare un discorso di metodo: organizziamoci !
I testi disponibili sono pochissimi, almeno fino alla affermazione del dominio di Roma.
Della cucina dei Greci, Egiziani o Etruschi sappiamo poco davvero.
Ed in più quel poco che sappiamo è relativo a fatti eccezionali, a banchetti memorabili o a annotazioni di tipo medico, letterario ecc.
Della cucina di tutti i giorni o anche dei giorni di festa sappiamo quasi nulla.
Bisogna aspettare l’apoteosi dei Romani per sapere meglio, per avere le ricette, ma anche qui si tratterà di piatti eccezionali, di banchetti sontuosi, oppure, e sono interessanti, delle prescrizioni mediche o dei libri contabili in cui si annotavano i cibi distribuiti agli schiavi o ai soldati.
Ma per la prima parte della storia di noi mediterranei sappiamo poco davvero.
Certo ve lo immaginate cosa costava in tempo e fatica fare una pagina? Non scriverla, proprio farla fisicamente.
Si doveva macerare a sassate il papiro, stenderlo, farlo seccare oppure scorticare una pelle, grattarla a morte e poi mezze si rompevano ..... du palle !.
E poi, dopo tutto questo casino cosa ci andavi a scrivere sopra? la ricetta della polenta?
Via, siamo seri! Oggi che abbiamo la carta anche per il WC e addirittura possiamo scrivere su queste tastiere allora si può anche far finta di scrivere la storia della gastronomia, ma è una aberrazione del mezzo, una ipertrofia della disponibilità.
Loro, i nostri vecchi, scrivevano le cose che gli sembravano serie e le ricettine dei piatti di tutti i giorni non erano in questa categoria.
Poi tanto quelli che dovevano cucinare le banalità non sapevano leggere. E questo taglia la testa al toro.

Allora sappiamo che c’erano cuochi itineranti, che preparavano banchetti in tutte le sponde del mediterraneo, ma non chiamateli cuochi.
Il banchetto era un rito più religioso che gastronomico; gli dei erano li, in mezzo ai convitati, per loro veniva sacrificato l’animale che poi veniva mangiato, per loro il primo boccone veniva sputato ed il primo vino gettato in aria.
Dei immanenti, come pappagalli sul trespolo, che se gli sbrillava ti mettevano incinte le spose che, come tutte le donne, non potevano partecipare al banchetto ed erano rimaste a casa. Quindi meglio trattarli bene.

Il banchetto si divideva in tre atti, come una commedia o una corrida. La gustazio poteva essere fatto anche prima del banchetto, come sorta di aperitivo, poi seguiva la cena (i banchetti erano pomeridiani) ed infine il dopo-cena (commisatio).
Il simposio era quindi un banchetto rituale, svolto tra uomini e teso all’arricchimento spirituale e ad una forma di cenacolo letterario.
Spesso era intercalato da letture e recitazioni. Bravino era un narratore cieco che cantava del pelide Achille.
Torniamo a noi e riassumiamo:
Degli antichi sappiamo che materie prime usavano, sappiamo il rituale, poco sappiamo delle ricette e dei sapori.

Sappiamo solo che il mangiare ordinario era costituito per tutti da pane, verdure, poca carne o pesce e molta frutta.

Nella gloriosa Atene la colazione era fatta essenzialmente di pane magari farcito, olive, fichi, frutta. Figuriamoci a Sparta.

Il povero Carlo Marx, un tedesco, diceva che l’uomo è determinato dal suo essere sociale.
Mica difficile da capire. Pensate ai romani delle origini: pastori incazzati, aggressivi, che si organizzano superando il tribalismo e fondando un piccolo e coeso stato unitario e si fanno posto nel Lazio, rattano le Sabine, fanno guerra ai vicini e vincono.
E poi conquistano le prime città Etrusche, si sgrezzano un po’ ma rimangono sempre pastori guerrieri, il loro essere sociale è quello di uomini pronti ad uccidere per difendersi e per conquistare. Questo ne determina costumi ed abitudini.
Nella Roma delle origini, e l’abitudine rimarrà anche dopo, nelle case normali, non in quelle dei patrizi, si mangiava quasi sempre a crudo.
Puls, formaggio, olive, frutta, e poi anche pane, ma senza accendere il fuoco per preparare pietanze.Tra l’altro i pompieri si incazzavano dimolto quando vedevano fuochi nei palazzoni della suburra che avevano il vizio di bruciare come fiammiferi.
Semmai si andavano a prendere alla bottega sotto casa, i cibi cotti.
Pensate che ai tempi di Cesare Augusto almeno un terzo degli abitanti della grande Roma mangiava alle mense pubbliche, a carico dello Stato.
Solo ai tempi dell’impero nelle case dei ricchi si iniziarono ad allestire banchetti ed intorno ad essi girava una folla di questuanti, amici degli amici, liberti, intrufoloni vari: erano i “clientes”. Parola che troveremo poi anche alla fine del secolo. Questo secolo.

Ma nella Grecia di quegli stessi tempi il simposio, era ben diverso. I greci erano soprattutto commercianti, uomini colti che non tendevano all’espansione territoriale, anzi si erano chiusi nelle loro città stato e conquistavano il mondo con le merci, gli scambi e la loro cultura.
Ad ogni profilo sociale, grosso modo, corrisponde quindi un profilo umano e culturale diverso.
Quando i romani conquisteranno le città greche erano già sulla via della ricchezza; sconfitto Pirro i territori conquistati permettono l’arrivo di milioni di schiavi, del provento di razzie immani, di merci prodotte in tutto il mondo.
Ci sono le condizioni per cui quei testardi pastori, che avevano costruito un forte stato centralizzato “cadessero” nella trappola della cultura, dell’intelligenza, del gusto. E saranno i greci sconfitti a dare questa merce nuova ed affascinante: il lusso.



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