di Enzo Raspolli

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Storia Semiseria

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Amalia Moretti Foggia

Lo so, a voi vi garba quello di Forlimpopoli, il misogino raccoglitore/trasformatore di ricette nella vulgata tosco-emiliana, il solitario Pellegrino Artusi.

A me, invece, mi garba di molto di più questa qui, la Amalia Moretti Foggia, il 3° medico-donna d'Italia.

Era la figlia più grande di una farmacia.

Nel senso che la tradizione di famiglia, ormai da 3 generazioni, era quella di farmacisti. Il padre, Giovan Battista Moretti Foggia, farmacista in Mantova, e e proprietario della famosa farmacia di Santa Lucia era

erede di Giovan Battista Foggia che nel 1711 aveva acquistato proprio quella farmacia che poi aveva lasciato in eredità ad un nipote, Bartolommeo Moretti con l'obbligo però di beccarsi anche il cognome Foggia.

Di li iniziò la sequenza, che vi risparmio, di figli che subentravano ai padri, di Moretti Foggia che sostituivano Moretti Foggia nella conduzione e proprietà della farmacia.

Ma erano anche personcine vivaci; un pro-zio, per esempio, era anche traduttore di opere classiche ed in Italiano di autori francesi, suonatore, meccanico e financo prestigiatore.

Il babbo, Giovan Battista, direi Moretti-Foggia, era insegnante di chimica al locale liceo, traduttore di opere in dialetto Mantovano nonché autore di un diario molto dettagliato sulla storia familiare.

Amalia era nata nel 1872 ed il nome, come era facile prevedere, era la ripetizione di quello della nonna. Era una famiglia un po' scarseggiante di nomi e adoperavano parecchio quelli usati.

Insomma l'Amalia nostra era ben avviata per diventare l'undicesima farmacista nella storia familiare, visto anche che aveva fatto a Mantova il Liceo Virgilio con ottimi risultati.

Intanto le era morta la mamma, lasciandola con altri 3 fratelli, ma il babbo aveva sposato in seconde nozze la sorella della defunta, che già aveva aiutato la famiglia durante la malattia della prima.

Nel 1891 invece si iscrive a Padova a Scienze Naturali e non a Chimica Farmaceutica, ma inizia a riceve borse di studio.

Si forma nel clima più vivace della cultura di fine secolo, con una amicizia di famiglia con il prof. Roberto Ardirò, spretato e messo all'indice ma anche padre del positivismo italiano.

Ma la nostra Amalia era certamente attratta dalle grandi donne che si affacciavano alla vita pubblica: Matilde Serao, Angelica Blabanoff e quella Anna Kuliscioff che poi diverrà sua amica a Milano.

Come doveva accadere l'Amalia incontra l'amore, mi si va però ad innamorare di un assistente di anatomia ed allora per incontrarlo si iscrive a medicina ed incomincia a tubare con il suo lui tagliuzzando cadaveri.

Sono destini.

Poi lui si trasferisce e lei rimane sola e nel 1898 prende la laurea in medicina, in un tempo di imperante maschilismo.

Addirittura la Regina Margherita , accesa femminista, volle incontrarla a Roma.

La nostra Amalia è tosta; viene notata dal Prof. Augusto Murri (quello che ha inventato il purgante RIM) ed inizia a fare l'assistente all'Ospedale di Firenze con l'obbiettivo di specializzarsi in pediatria.

Con il nuovo secolo è finalmente a Milano, in quella che sarà la sua città.

La città è appena uscita dai massacri di Bava Beccarsi e la situazione sociale e sanitaria degli operai è disastrosa.

La nostra inizia collaborare con le istituzioni filantropiche e trova il primo lavoro come medico fiscale alla Società Operaia Femminile.

Nel 1902 viene assunta alla Poliambulanza di Porta Venezia ed ha la sua prima vera casa in via Tadino.

Come dice il quotidiano La Provincia di Mantova il 12 settembre 1902 “Ieri l'altro a Milano la distinta concittadina signorina dottoressa Amalia Moretti Foggia si è impalmata con l'egregio dott. Domenico Della Rovere.”

Continua a lavorare sia all'ambulatorio di Porta Venezia sia al proprio, ma con particolare attenzione ai poveri, alle famiglie operaie alle quali offre non solo servizi medici, spesso gratuiti, ma anche consigli, indicazioni di vita, fino a combinare matrimoni, riconciliazioni familiari e quant'altro poteva favorire i più piccoli.

Una sorta di missionaria laica, una di quelle belle figure che Milano ci ha spesso regalato.

Uno dei molti personaggi che frequentavano la casa dei Della Rovere-Moretti Foggia (ma come facevano con il cartellino del campanello?) era il direttore editoriale del Corriere della Sera, Eugenio Balzan.

Era dal Corriere che si era staccata la costola della Domenica del Corriere che aveva raggiunto una diffusione enorme, considerando l'analfabetismo che grazie a Dio non ci mancava.

Proprio sulla Domenica del Corriere, nel '26, appare una rubrica “Il parere del medico” tenuta dal Dott. Amal.

E' la nostra Amalia Moretti Foggia che in questo modo camuffa, senza però rinunciarvi, la sua femminilità e soprattutto inizia un dialogo ininterrotto con un pubblico popolare.

Sarà la prima e vera informazione sugli aspetti igienici, sulle norme comportamentali e sulla medicina moderna in un Paese ancora legato alle credenze popolari e, diciamolo, piuttosto sudicio.

Non a caso Amalia parla anche volentieri delle erbe medicinali, per entrare in sintonia con il suo pubblico popolare.

Dopo un paio di anni di successi della rubrica medca la Domenica pensa ad istituire una rubrica di cucina.

E anche questa viene affidata ad Amalia Moretti Foggia.

Finalmente vi posso dire perché l'ho fatta tanto lunga con questa Amalia.

Perché il nome che sceglie per condurre questa rubrica è PETRONILLA .

Ora posso anche dire la fonte delle informazioni. E' il bel libro di Renzo Dall'Ara Petronilla e le altre, edizioni Tre Lune.

Il nome prescelto deriva probabilmente dalla famosa striscia di Arcibaldo, giunta sul Corriere dei Piccoli fin dal 1921 ed è quindi molto autoironica.

Continuò a pubblicare le sue rubriche anche durante la guerra e morirà nel 1947 nella sua casa di via Sandro Sandri 2.

Ma la “grandezza” di Petronilla sta nel fatto che parla per un pubblico popolare e le ricette sono nel novero di quelle “possibili” per il pubblico di riferimento e nello stesso tempo sono “sane”.

La gastronomia si mescola quindi con l'igiene e con la fantasia, la creatività va a braccetto con le disponibilità economiche ridotte delle lettrici, nelle ricette di Petronilla.

Che poi non sono ricette, ma brevi racconti di vita familiare, vivaci ed arguti.

Durante la guerra Petronilla edita la sua ultima raccolta di cui possiedo una copia che conservo con amore. Si tratta di “ 200 suggerimenti per ….. questi tempi”

Nella prefazione si legge “Ecco qua, alcuni suggerimenti proprio per voi.

Per voi, figlie, mogli, mamme che, da una sorte non certo benigna, foste destinate a vivere in questi tempi di guerra spaventosa che sconvolge l'intero mondo e quindi … di continue mancanze di quanto ci sembrava assolutamente indispensabile; di preoccupazioni le più gravi sul bilancio familiare che di giorno in giorno diventa sempre più costoso; sulla sorte di chi ci è lontano e si vorrebbe tanto vicino; di trepidazioni sul destino che ci attende e (purtroppo!) anche di dolori, di dolori atroci e che spaccano il cuore”

E seguono 200 consigli per cucinare con “niente pasta, niente grassi, … poche gocce d'olio ….. e così risparmiando".

Nel dopoguerra saranno il grande Massimo Alberini, lo storico della gastronomia, e la rivista “La cucina Italiana” a valorizzare la figura di Petronilla.

Ecco, ho dedicato tutta questo capitolo ad una figura che a me sembra davvero grande, come persona e come gastronoma.

Soprattutto per questa “storicità” delle sue proposte e per la genialità con cui delle limitazioni essa faceva talvolta una “ricchezza”. Finalmente qualcuno che non va dietro le mode ma segue le necessità, che porta innovazione, stimoli e colori anche sulle tavole più modeste.

A me sembra questa una cosa di grande modernità.

Vi regalo in fondo questa ricetta e ditemi se non è anche leggera e dietetica.


Salse maionesi per ….questi tempi (con un solo cucchiaio di olio)

Sospira l'una e sospira l'altra: “ Squisiti sono i pomidoro crudi con un giallo e sodo ponticello sopra ciascuno ma …. “

“Ultra squisita è un'insalata di varie verdure lesse, ma …..“

Ma … come poterli preparare questi piattini prelibati e tutti quanti adatti anche ai tempi attuali, se tutti quanti esigono la gialla salsa maionese, e se la salsa maionese esige – oltre a uova, limone, e lunghissimi rimescolamenti – anche olio tanto, tanto, tanto ? Come fare ?

Ebbene, si può. Con un solo tuorlo, un solo cucchiaio di olio, il succo di un limone e gli indispensabili rimescolamenti, si può presentare una salsiera colma di soda e squisita maionese purchè …. Si possieda un mortaio di marmo con il suo relativo pestello di porcellana o di legno.

E se volete fare l'esperimento di questa maionese che di un solo cucchiaio intacca la bottiglia dell'olio ….

Lessate una patata grossa quanto un grosso uovo; pelatela; pestatela e ripestatela nel mortaio;

aggiungete un torlo d'uovo crudo, un pizzico di sale e con il pestello pestate e ripestate;

unite un cucchiaio (uno solo) d'olio, e ancora pestate, pestate e ripestate;

lasciatevi sgocciolare tutto il succo di un bel limone succoso, e pestate, e pestate, e pestate sino a che avrete ottenuto una pastella spumosa, levigata e soda …… talmente anzi soda che (se la consistenza ne fosse eccessiva) dovete anche aggiungere un goccio d'acqua per ridurla alla giusta consistenza di una comune maionese.