Finalmente dopo un anno sono tornata in possesso di un portatile e quindi: pc nuovo- vita coquinaria nuova!
Da Tapatalk facevo molta fatica a pubblicare le foto (lento) e le ricette e quindi mi limitavo. Adesso posso finalmente tornare a sfogarmi
Rientro quindi con un dolce tipico del paese dei miei genitori, Grotte di Castro, in provincia di Viterbo, che in realtà è tipico di tutta la Tuscia viterbese: il biscotto, o ciambella, all'anice.
Trattasi di un lievitato poco ricco di grassi e a bassa idratazione, aromatizzato con semi di anice verde e che, una tempo, veniva preparato solitamente in occasione di ricorrenze come la festa di San Rocco (la cui statua viene portata in processione il 16 agosto) oppure veniva regalato agli invitati alle nozze come bomboniera. In questa seconda occasione si usava avvolgere uno o più biscotti (il numero dipendeva da quanto era numerosa la famiglia destinataria e da quanto era ricca la famiglia degli sposi che li preparava) in un telo ricamato di lino facendo un nodo superiore e sopra quest'ultimo venivano posati altri biscotti di pasta frolla decorati. Era una tradizione molto sentita, non esistevano le bomboniere come le intendiamo noi oggi e nemmeno Kasanova. I biscotti erano fatti in casa nella madia e poi cotti al forno del paese in cambio di qualche biscotto stesso che il forno poi regalava al padrone.
Altra occasione in cui veniva preparato il biscotto era la nascita di un bambino, alla futura mamma veniva regalato il dolce dandogli la forma di un maschio o di una femmina a seconda del sesso del nascituro. A mia mamma l'avevano regalato per mia sorella, 40 anni fa ormai. Inutile dire che queste tradizioni attualmente non sono più in voga e che il biscotto ormai si può reperire nei panifici durante tutto l'anno. Ahimè, aggiungerei io...
Torniamo a bomba sul dolce: una volta era fatto con la pasta madre o, più spesso, con la pasta di riporto. L'unico grasso presente era lo strutto oppure l'olio o, talvolta, una miscela di entrambi. Mai il burro che non si usava in quelle zone così ricche di uliveti (vi dice nulla Canino?), di maiali e di pecore.6
L'anice veniva coltivato comunemente sebbene adesso la sua produzione sia quasi totalmente scomparsa. I liquidi usati per impastare erano il latte e le uova, in piccola quantità perché si impastava esclusivamente a mano e quindi, se l'impasto era molle, si faceva fatica. Ne risultava una pasta soda che veniva fatta lievitare nelle coperte di lana per molte ore e questo, non perché ci fossero manie di lenta lievitazione come oggi ma, semplicemente, perché l'impasto impiegava un bel po' a crescere, anche perché le case una volta erano più fredde.
La sera prima si iniziava l'impasto "ammasonando" il lievito, poi l'indomani mattina si prendeva il lievito ormai pronto e si aggiungevano tutti gli altri ingredienti. Si faceva lievitare tutta la massa, si spezzavano i cordoni, si dava la forma tipica e poi si faceva lievitare nuovamente. In ultimo si mettevano i biscotti sulla spianatoia di legno coperti coi canovacci e si portavano al forno del paese soltanto quando la fornaia chiamava a gran voce il tuo nome affacciata alla balconata. Arrivati al forno la fornaia li spennellava e te li cuoceva.
Per quanto riguarda la forma, c'è chi lo fa a forma di ciambella che, una volta lievitata e con la cottura, si chiude al centro oppure c'è chi da la forma di una specie di bretzel doppio oppure ancora c'è chi fa una semplice treccia.
Questo dolce viene solitamente consumato a fine pasto, inzuppandolo nel vin santo o nel vino carcerato. Quest'ultimo è un vino casalingo che prende il nome dal metodo di chiusura delle bottiglie, i cui tappi di sughero vengono letteralmente incementati. Il cemento di ogni tappo viene poi dipinto di rosso o blu a seconda che il vino sia rosso o bianco, in modo da riconoscerlo poi successivamente. Quando la bottiglia viene aperta il tappo di cemento viene spaccato con una mazzetta facendo attenzione a non rompere il vetro.
In alternativa si può mangiare questo biscotto a colazione tuffato nel latte. In entrambi i casi si accompagna a del liquido perché la trama finale del biscotto risulta compatta, non soffice e quasi sbriciolosa (questo dovuto alla bassa idratazione e ai pochi grassi). A me piace anche mangiato così tal quale perché si sente molto meglio il sapore dell'anice.
In definitiva lo classificherei come un lievitato rustico tradizionale, dolce ma non troppo e senza molte pretese. Il colore della mollica è simile alla senape a causa della presenza dell'olio (specie se extravergine di oliva) e dell'anice. In cottura sviluppa un aroma di anice tostato molto inebriante (che non ha assolutamente da crudo) e il sapore e il profumo finali sono incredibili.
Ecco a voi...
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BISCOTTO DI SAN ROCCO
INGREDIENTI (per n. 2 biscotti da circa 900 g - peso da cotto)
1 kg farina 00
350 g zucchero
250 g latte
240 g uova (n.4 extra-large)
50 g strutto
45 olio e.v.o. (io misto di riso)
25 g lievito di birra fresco
scorza grattugiata di 1 limone giallo
1 baccello di vaniglia, i semi (una volta non si metteva)
2 g sale fino
2 cucchiai colmi di semi di anice verde (di buona qualità)
Per dorare:
un tuorlo
q.b. panna (o latte)
La sera prima impastare 20 g di lievito con quasi tutto il latte e 90 g di farina, coprire con pellicola e far maturare a 10 gradi per tutta la notte. L'indomani impastare il restante lievito con il restante latte e due cucchiai di farina e far raddoppiare il volume. A questo punto impastare insieme i due pre-impasti e poi aggiungere gradatamente tutti gli ingredienti rimanenti: le uova sbattute con lo zucchero e il sale alternate alla farina e infine i grassi mescolati insieme con gli aromi, Una volta ottenuto un impasto omogeneo unire i semi di anice leggermente pestati (per far fuoriuscire meglio l'aroma). Far lievitare fino al raddoppio in luogo caldo (24°C non di meno). Ci vorranno 4-5 ore circa. Dopodiché spezzare la pasta in 4 parti dello stesso peso e allungarle a mo' di filone. Formare ciascun biscotto con due filoni (due C chiuse sovrapposte tra loro) e riporli ben distanziati su una teglia coperta di carta forno. Spennellare con la miscela di cui agli ingredienti e riporre in forno a far lievitare a 28°-30°C con umidità. Dopo circa 4 ore riscaldare il forno e cuocere a 160°C statico per 30'-40'. Non farsi ingannare dalla doratura. Il biscotto deve assumere un bel colore bruno laccato. Sfornare e far intiepidire, poi mettere in sacchetto di cellophane per alimenti e sigillare. Consumare entro 2-3 giorni.
Da Tapatalk facevo molta fatica a pubblicare le foto (lento) e le ricette e quindi mi limitavo. Adesso posso finalmente tornare a sfogarmi
Rientro quindi con un dolce tipico del paese dei miei genitori, Grotte di Castro, in provincia di Viterbo, che in realtà è tipico di tutta la Tuscia viterbese: il biscotto, o ciambella, all'anice.
Trattasi di un lievitato poco ricco di grassi e a bassa idratazione, aromatizzato con semi di anice verde e che, una tempo, veniva preparato solitamente in occasione di ricorrenze come la festa di San Rocco (la cui statua viene portata in processione il 16 agosto) oppure veniva regalato agli invitati alle nozze come bomboniera. In questa seconda occasione si usava avvolgere uno o più biscotti (il numero dipendeva da quanto era numerosa la famiglia destinataria e da quanto era ricca la famiglia degli sposi che li preparava) in un telo ricamato di lino facendo un nodo superiore e sopra quest'ultimo venivano posati altri biscotti di pasta frolla decorati. Era una tradizione molto sentita, non esistevano le bomboniere come le intendiamo noi oggi e nemmeno Kasanova. I biscotti erano fatti in casa nella madia e poi cotti al forno del paese in cambio di qualche biscotto stesso che il forno poi regalava al padrone.
Altra occasione in cui veniva preparato il biscotto era la nascita di un bambino, alla futura mamma veniva regalato il dolce dandogli la forma di un maschio o di una femmina a seconda del sesso del nascituro. A mia mamma l'avevano regalato per mia sorella, 40 anni fa ormai. Inutile dire che queste tradizioni attualmente non sono più in voga e che il biscotto ormai si può reperire nei panifici durante tutto l'anno. Ahimè, aggiungerei io...
Torniamo a bomba sul dolce: una volta era fatto con la pasta madre o, più spesso, con la pasta di riporto. L'unico grasso presente era lo strutto oppure l'olio o, talvolta, una miscela di entrambi. Mai il burro che non si usava in quelle zone così ricche di uliveti (vi dice nulla Canino?), di maiali e di pecore.6
L'anice veniva coltivato comunemente sebbene adesso la sua produzione sia quasi totalmente scomparsa. I liquidi usati per impastare erano il latte e le uova, in piccola quantità perché si impastava esclusivamente a mano e quindi, se l'impasto era molle, si faceva fatica. Ne risultava una pasta soda che veniva fatta lievitare nelle coperte di lana per molte ore e questo, non perché ci fossero manie di lenta lievitazione come oggi ma, semplicemente, perché l'impasto impiegava un bel po' a crescere, anche perché le case una volta erano più fredde.
La sera prima si iniziava l'impasto "ammasonando" il lievito, poi l'indomani mattina si prendeva il lievito ormai pronto e si aggiungevano tutti gli altri ingredienti. Si faceva lievitare tutta la massa, si spezzavano i cordoni, si dava la forma tipica e poi si faceva lievitare nuovamente. In ultimo si mettevano i biscotti sulla spianatoia di legno coperti coi canovacci e si portavano al forno del paese soltanto quando la fornaia chiamava a gran voce il tuo nome affacciata alla balconata. Arrivati al forno la fornaia li spennellava e te li cuoceva.
Per quanto riguarda la forma, c'è chi lo fa a forma di ciambella che, una volta lievitata e con la cottura, si chiude al centro oppure c'è chi da la forma di una specie di bretzel doppio oppure ancora c'è chi fa una semplice treccia.
Questo dolce viene solitamente consumato a fine pasto, inzuppandolo nel vin santo o nel vino carcerato. Quest'ultimo è un vino casalingo che prende il nome dal metodo di chiusura delle bottiglie, i cui tappi di sughero vengono letteralmente incementati. Il cemento di ogni tappo viene poi dipinto di rosso o blu a seconda che il vino sia rosso o bianco, in modo da riconoscerlo poi successivamente. Quando la bottiglia viene aperta il tappo di cemento viene spaccato con una mazzetta facendo attenzione a non rompere il vetro.
In alternativa si può mangiare questo biscotto a colazione tuffato nel latte. In entrambi i casi si accompagna a del liquido perché la trama finale del biscotto risulta compatta, non soffice e quasi sbriciolosa (questo dovuto alla bassa idratazione e ai pochi grassi). A me piace anche mangiato così tal quale perché si sente molto meglio il sapore dell'anice.
In definitiva lo classificherei come un lievitato rustico tradizionale, dolce ma non troppo e senza molte pretese. Il colore della mollica è simile alla senape a causa della presenza dell'olio (specie se extravergine di oliva) e dell'anice. In cottura sviluppa un aroma di anice tostato molto inebriante (che non ha assolutamente da crudo) e il sapore e il profumo finali sono incredibili.
Ecco a voi...
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BISCOTTO DI SAN ROCCO
INGREDIENTI (per n. 2 biscotti da circa 900 g - peso da cotto)
1 kg farina 00
350 g zucchero
250 g latte
240 g uova (n.4 extra-large)
50 g strutto
45 olio e.v.o. (io misto di riso)
25 g lievito di birra fresco
scorza grattugiata di 1 limone giallo
1 baccello di vaniglia, i semi (una volta non si metteva)
2 g sale fino
2 cucchiai colmi di semi di anice verde (di buona qualità)
Per dorare:
un tuorlo
q.b. panna (o latte)
La sera prima impastare 20 g di lievito con quasi tutto il latte e 90 g di farina, coprire con pellicola e far maturare a 10 gradi per tutta la notte. L'indomani impastare il restante lievito con il restante latte e due cucchiai di farina e far raddoppiare il volume. A questo punto impastare insieme i due pre-impasti e poi aggiungere gradatamente tutti gli ingredienti rimanenti: le uova sbattute con lo zucchero e il sale alternate alla farina e infine i grassi mescolati insieme con gli aromi, Una volta ottenuto un impasto omogeneo unire i semi di anice leggermente pestati (per far fuoriuscire meglio l'aroma). Far lievitare fino al raddoppio in luogo caldo (24°C non di meno). Ci vorranno 4-5 ore circa. Dopodiché spezzare la pasta in 4 parti dello stesso peso e allungarle a mo' di filone. Formare ciascun biscotto con due filoni (due C chiuse sovrapposte tra loro) e riporli ben distanziati su una teglia coperta di carta forno. Spennellare con la miscela di cui agli ingredienti e riporre in forno a far lievitare a 28°-30°C con umidità. Dopo circa 4 ore riscaldare il forno e cuocere a 160°C statico per 30'-40'. Non farsi ingannare dalla doratura. Il biscotto deve assumere un bel colore bruno laccato. Sfornare e far intiepidire, poi mettere in sacchetto di cellophane per alimenti e sigillare. Consumare entro 2-3 giorni.
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