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  • Cren in tecia, ovvero rafano in tegame, un curioso e sfizioso contorno per carni

    Venerdì ho registrato il mio prossimo intervento su Rai Radio 1 sul Cren, come viene chiamato il rafano nel triveneto.

    Ho aggiunto la ricetta del "cren in tecia", ovvero rafano in tegame che forse può interessare


    6. Cren in cucina
    Il cren, botanicamente amoracia rusticana, è una pianta perenne della famiglia delle crucifere originaria dell’Europa orientale. In italiano si chiama rafano o barbaforte e la parola cren è originaria delle lingue slave, in sloveno hren, in russo chren, mentre per i tedeschi è Meerrettich e per gli inglesi Horseradish.
    Le foglie sono impiegate in infusi, ma la vera protagonista è la radice: biancastra e di odore debole, se schiacciata o tagliata o grattugiata libera un’essenza volatile piccantissima, il solfocinato di butile.
    Democrito pensava il cren fosse afrodisiaco e nel medioevo era un ingrediente comune nelle farmacie dei conventi per le sue proprietà antiinfiammatorie, analgesiche, diuretiche e di aiuto alla digestione.
    La radice del rafano ha un sapore dolce, leggermente piccante e soprattutto fortemente aromatico e balsamico che ne fa un ingrediente perfetto per insalate, panini o per essere unita in numerosi composti salati cucinati poi a mo' di tortino. In Basilicata è presente sia nelle minestre di verza, sia per la preparazione della cosiddetta rafanata materana, una frittata a base di pecorino, uova e prezzemolo, e sia grattugiata fresca sopra la pasta con ragù come vuole la tradizione potentina.
    Da noi in purezza accompagna il prosciutto cotto in crosta di pane, ma può essere grattata e mescolata con aceto, sale, o anche maionese o pane grattugiato o altri condimenti per preparare salse da servire con il bollito, con la carni salmistrate e con il pesce.
    La zuppa di cren è fatta con un fondo di porro e burro a cui si aggiungono patate, cren grattugiato e si porta a cottura con buon brodo. Prima di servire si frulla e si aggiunge ancora del cren.
    La ricetta di oggi per voi è un contorno sfizioso, il cren in tecia, ovvero rafano cotto al tegame.
    Grattugiate mezzo kg di mele con la buccia e aggiungetevi il succo di un limone. Grattugiate mezzo kg di radice sbucciata di cren fresco e nel frattempo fate bollire lentamente 2 mestoli di brodo, 2 cucchiai di zucchero, 2 cucchiai di aceto e del vino. Lasciate intiepidire e aggiungete poi il cren e la mela, insieme a 3 cucchiai di pane grattugiato e a 100 g di burro sciolto. Cucinate il tutto a fuoco lento per almeno un’ora mescolando di continuo fino ad ottenere la consistenza di una purea.
    Si serve come contorno a piatti di carne con una ultima grattugiata di Cren e mela.
    Buon appetito !

  • #2
    Grazie Roberto, il rafano lo conosco solo di nome, qui non si usa, ma mi piace comunque leggere i tuoi scritti, sempre interessanti.
    Carmen

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    • #3
      Ma che ricetta interessante !!
      Grazie, Roberto.

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      • #4
        Roberto io non mi sono mai avvicinata al cren per via dell'odore mefistofelico
        ora però leggo che la radice è dolce, appena piccante. Vuol dire che da cotta perde quell'idea di terrificante?

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        • #5
          Pubblicato originariamente da roberto zot Visualizza il messaggio
          Venerdì ho registrato il mio prossimo intervento su Rai Radio 1 sul Cren, come viene chiamato il rafano nel triveneto.

          Ho aggiunto la ricetta del "cren in tecia", ovvero rafano in tegame che forse può interessare


          6. Cren in cucina
          Il cren, botanicamente amoracia rusticana, è una pianta perenne della famiglia delle crucifere originaria dell’Europa orientale. In italiano si chiama rafano o barbaforte e la parola cren è originaria delle lingue slave, in sloveno hren, in russo chren, mentre per i tedeschi è Meerrettich e per gli inglesi Horseradish.
          Le foglie sono impiegate in infusi, ma la vera protagonista è la radice: biancastra e di odore debole, se schiacciata o tagliata o grattugiata libera un’essenza volatile piccantissima, il solfocinato di butile.
          Democrito pensava il cren fosse afrodisiaco e nel medioevo era un ingrediente comune nelle farmacie dei conventi per le sue proprietà antiinfiammatorie, analgesiche, diuretiche e di aiuto alla digestione.
          La radice del rafano ha un sapore dolce, leggermente piccante e soprattutto fortemente aromatico e balsamico che ne fa un ingrediente perfetto per insalate, panini o per essere unita in numerosi composti salati cucinati poi a mo' di tortino. In Basilicata è presente sia nelle minestre di verza, sia per la preparazione della cosiddetta rafanata materana, una frittata a base di pecorino, uova e prezzemolo, e sia grattugiata fresca sopra la pasta con ragù come vuole la tradizione potentina.
          Da noi in purezza accompagna il prosciutto cotto in crosta di pane, ma può essere grattata e mescolata con aceto, sale, o anche maionese o pane grattugiato o altri condimenti per preparare salse da servire con il bollito, con la carni salmistrate e con il pesce.
          La zuppa di cren è fatta con un fondo di porro e burro a cui si aggiungono patate, cren grattugiato e si porta a cottura con buon brodo. Prima di servire si frulla e si aggiunge ancora del cren.
          La ricetta di oggi per voi è un contorno sfizioso, il cren in tecia, ovvero rafano cotto al tegame.
          Grattugiate mezzo kg di mele con la buccia e aggiungetevi il succo di un limone. Grattugiate mezzo kg di radice sbucciata di cren fresco e nel frattempo fate bollire lentamente 2 mestoli di brodo, 2 cucchiai di zucchero, 2 cucchiai di aceto e del vino. Lasciate intiepidire e aggiungete poi il cren e la mela, insieme a 3 cucchiai di pane grattugiato e a 100 g di burro sciolto. Cucinate il tutto a fuoco lento per almeno un’ora mescolando di continuo fino ad ottenere la consistenza di una purea.
          Si serve come contorno a piatti di carne con una ultima grattugiata di Cren e mela.
          Buon appetito !
          Una ricetta smile la uso per la zuppa di cren. Superlativa!
          Grazy
          ...Autogestire la propria creatività, senza intermediari, senza volontà eccelse e onnipotenti che decidono al posto tuo, poco a poco ti rivela la necessità di autogestire il tuo stesso destino. (S. Agosti)
          Ingiuriare i mascalzoni è cosa nobile, perché, a ben vedere significa onorare gli onesti! (Aristofane)

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          • #6
            In romeno hrean.
            Mia madre mi ha portato una radice e l'abbiamo piantata in giardino, è abbastanza infestante. Quest'estate ha fatto delle foglie enormi ed allora ho provato ad usarle nella frittata e facendo degli involtini con la carne che mi sono piaciuti, il sapore è leggermente piccante.
            involtinifoglierafano.jpg

            La radice invece è piccantissima, è vero che non ho mai provato a cucinarla per vedere se si attenua.
            Di solito mia madre la grattugia da cruda e la mescola con un po' di barbabietola grattugiata per stemperare il piccante e la accompagna con la carne.
            La mia cucina

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            • #7
              Grazie Roberto, questa é da provare...mai sentito un uso diverso dal solito grattuggiato sul bollito, e a me piace tanto

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              • #8
                Anche per me è una novità, grazie per condividere!
                Roberta

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                • #9
                  Grazie, mi interessa questo argomento. In Germania la salsa al rafano accompagna spesso il salmone.

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                  • #10
                    Grazie Roberto, un post davvero interessante. Mi ha colpito molto l'uso del cren in Basilicata, chi l'avrebbe immaginato!

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