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  • I paradisiaci sardoni barcolani

    Care Amiche e Amici, allego il testo della mia consueta trasmissione su Radio RAI 1 Friuli Venezia Giulia.
    Barcola, vicina al castello di Miramare, è un sobborgo sul mare a Trieste, molto famosa anche per le sue alici.

    sardoni-barcolani-700.jpg Sardoni.png
    I paradisiaci sardoni barcolani

    Il sardone non è una grossa sarda, ma è semplicemente il termine usato a Trieste per definire l’alice o l’acciuga. È presente anche in una espressione tipica popolare come ‘tirar sardoni’ e l'immagine probabilmente è quella di 'pasturare il pesce' prima di tirare effettivamente l'amo, cioè fare complimenti, provarci, far la corte ad una ragazza.
    In area giuliana il sardòn batte decisamente la sardèla in popolarità. Stiamo parlando della specie ittica Engraulis encrasicholus e comunque alice e sardella sono due specie ittiche di famiglie diverse. L’acciuga ha corpo più snello, privo della cresta ventrale di scaglie presente nella sardina, la colorazione è argentea sui fianchi e biancastra sul ventre, il dorso è verde-azzurro. È un pesce pelagico, che si avvicina alle coste nei mesi di maggio e giugno per la riproduzione, esattamente come fanno i sardòni barcolani che in questi mesi affollano il golfo di Trieste e danno il meglio di sé sia in termini di sapori e sia di rapporto qualità-prezzo.
    Nel 1931 Francesco Babudri scriveva Un pasto gustosissimo è il friggerli e mangiarli ‘a scotadeo’ (a battiscarpa, a scappa e fuggi). Paradisiaci i sardoni triestini di Barcola!. Mady Fast raccontava che un tempo a Trieste erano numerosi i “fritolini”, locali piccoli e stretti di origine veneta dove si preparavano oltre ai sardoni, le sardelle fritte e la frittura de minudaia composta da schile (voce triestina che indica il Cancer squilla, una sorta di gamberetto.) e girai. Quest’ultimi pesciolini, i latterini, sono noti a Grado come anguele, e che i triestini, con il loro tipico humor, chiamano anche ribaltavapori.

    Sardoni impanài (alici impanate)

    Per impanare i sardoni bisogna eliminare la testa, svuotarli dalle interiora e aprirli a libro, togliendo la lisca centrale e lasciando i due filetti attaccati lungo il dorso. Infarinati, passati nell’uovo sbattuto con un po’ di sale e poi nel pane grattugiato. Volendo si possono abbinare a due a due con un pezzo di mozzarella per ripieno prima di impanarli. Si friggono in olio e sono pronti quando sono di un bel colore dorato e di una consistenza croccante. Immancabilmente sono accompagnati da un contorno di radiceto primo taio o di matàvilz o ardjelut, cioè valeriana, spesso con l’aggiunta di fagioli freschi lessati.

    Il
    radiceto primo taio , ovvero radicchietto primo taglio è la Cicoria Zuccherina di Trieste. È un radicchio da taglio, a piccole foglioline verdi, tenero e dolce se raccolto molto giovane con una forbice, a 5/7 cm di altezza. Acquista un sapore gradevolmente amarognolo (per chi lo gradisce) se lasciato crescere e quindi “invecchiare” maggiormente.



    Buon appetito e buona estate!

  • #2
    Ciao, sempre interessante leggere i tuoi post.Ma la mozzarella friggendo non "scappa"?
    ciao
    marchino
    "Siete il mio tempo migliore" (Eleonora)

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    • #3
      Grazie, Roberto, buona estate anche a te

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      • #4
        Pubblicato originariamente da marchino Visualizza il messaggio
        Ciao, sempre interessante leggere i tuoi post.Ma la mozzarella friggendo non "scappa"?
        ciao
        marchino
        C@rmen aveva messo la ricetta delle alici farcite di mozzarella. A memoria ricordo che bisognava infarinare la mozzarela, poi farcire due sarde e poi impanare

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        • #5
          Che voglie mi fai venire con le tue splendide descrizioni

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          • #6
            Sempre belli ed interessanti i tuoi post! Grazie!!!
            anche qui si fanno sia le alici che le sarde indorate e fritte, solo che qui li passiamo solo nella farina e nell'uovo senza pane grattugiato
            Amo la cucina da quando ero bambina, principalmente è la cucina della mia tradizione ma non disdegno sperimentazioni e altri territori.il mio blog

            www.rosariaaifornelli.blogspot.com

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            • #7
              Roberto, lo scrivo qui, ma potrei fare un copia-incolla in ogni tuo post: G-R-A-Z-I-E.
              Questa ricetta mi è particolarmente cara perché (che non la sappia la pediatra) ci ho praticamente svezzato mia figlia, e anche adesso è uno dei pochi pesci che mangia.
              Qui le chiamiamo "acciughe" (anciôe, in genovese; per la pronuncia, ascoltate l'inizio di "Creuza de mä" di De André), e la parola "alice" mi suona sempre strana, un po' come "mitili" per quelli che per me sono "muscoli".
              Bellissimi i modi di dire, e soprattutto l'umorismo triestino, che non conoscevo e di cui sono già fan.
              Per restare in tema, mia nonna diceva spesso - di solito parlando di un mio cugino - "ha il cervello di un'acciuga pronta per la padella"... cioè decapitata. Ogni tanto la uso anch'io .
              Paola
              La più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è di essere di buon umore (Voltaire).

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