No no le cozze ci stanno proprio bene....
grazie per la ricetta, a suo tempo la assaggiai e me la ricordo molto buona, adesso mi hai risvegliato la tentazione di provare a farla...
...mi chiamo Bond, Maffo Bond....
...Il mio cervello è fuggito all'estero ma non ha voluto che lo seguissi... La Polpetta Perfetta
Ciao Giampaolo. Sai che ci separano una manciata di chilometri? Sono di Martina Franca...
Cara Tiziana,
felice di conoscerti.
Poi in autunno, se ti va, possiamo organizzare una spedizione in qualche pizzeria di Martina per conoscerci.Con mia moglie naturalmente e con il tuo eventuale compagno.
No no le cozze ci stanno proprio bene....
grazie per la ricetta, a suo tempo la assaggiai e me la ricordo molto buona, adesso mi hai risvegliato la tentazione di provare a farla...
il riso basmati o quello tailandese jasmine, che sono entrambi risi a chicco lungo, abitualmente li uso per insalate di mare con crostacei o frutti di mare ed eventualmente spezie orientali.
Oggi sono fuori sede, ma nei prossimi giorni a casa vedo di recuperare qualche ricetta e te la posto.
Ti riferisco quello che so sul termine "tiella"; tieni però presente che la mia cultura di base è napoletana e non pugliese.
A Napoli, con il termine "tiella" non si indica, come in Puglia, il tegame basso di creta, ma si indica specificatamente la padella con manico in ferro che le nostre nonne utilizzavano per cuocere le frittate e che pulivano solo con della carta di giornale.
Il termine napoletano "tiella",quindi, con buona probabilità deriva dal sostantivo latino "patella" per aferesi della prima sillaba.
Invece per il termine "tiella", in senso pugliese, ho sentito un'altra ipotesi che parte da un termine napoletano che potrebbe essere veritiera.
In napoletano il termine giusto per indicare il tegame basso di creta è "tiano" che deriva dal greco "teganion" come il termine italiano tegame; nelle versioni più piccole "tiano" viene trasformato nel diminutivo "tianella" da cui per contrazione della parte centrale potrebbe essere stato derivato "tiella".
Esiste ancora un'altra analisi etimologica che tenderebbe ad attribuire alla "tiella" una etimologia legata al suo coperchio di creta.
In latino la pentola di creta si chiamava "caccabus", da cui poi è stato ricavato il napoletano "caccavella", che portava un coperchio a nome "tegula". Per le pentole più piccole si utilizzava il diminutivo "tegella" che per contrazione divenne "tiella"; ma questa interpretazione mi convince poco perché sembra troppo forzata una etimologia che contenga anche una sineddoche.
Ciao
Giampaolo
Ciao Giampaolo,
e sempre un piacere incontrarti, sono più propenso che la TIELLA deriva dalla spagnolo, ( PAELLA = PADELLA ) se pensi che li abbiamo avuti entrambi per ben 700 anni se ti sembra poco.
Quella con il manico da noi si chiama: frizzlich, dallo sfrigolio del friggere, in verità ti dirà che non c'è una grande differrenza di cultura tra le due regioni, nella credenza pugliese, si pensa che Napoli per la sua importanza, nei tempi che furono e anche in riferimento all'univesita, dove moltissimi cervelli Baresi studiarono, si sia appropiato di molte tradizioni, pugliese e non solo, che con il passare del tempo sono diventate di propietà della cultura Napoletana.
Alla tua ricetta, ci metterei un poco di più, di pecorino, aglio e eliminerei la
mezza valva.
Un carissimo SALUTO.
Nino
"Le Belle Arti sono cinque, e cioè: la pittura, la scultura, la poesia, la musica, l'architettura. Quest'ultima ha per ramo principale la pasticceria." Careme Marie Antoine
Ciao Giampaolo, non ho nulla da aggiungere, preciso preciso, anch'io aggiungo l'acqua durante la cottura, ho quasi sempre avuto un buon risultato! A presto ciao
il parboiled come lo fanno?
Lo so che potrei scorrazzare su internet
ma cerco di capire perché non vi piace
Infatti da quando leggo su Coquinaria cerco di prendere
altri tipi di riso, in effetti riconosco che il parboiled
è come dire, quasi insapore
Cara Anurai,
il riso parboiled è un riso precotto a vapore fino ad una parziale gelatinizzazione dell'amido.
E' un tipo di trattamento che ha incontrato il favore del mercato perché il riso così trattato resiste molto bene alla cottura ed alla conservazione in frigo anche per molti giorni senza scuocersi o agglomerarsi.
Queste caratteristiche sono positive per la cucina della donna che lavora, ma il sapore del riso, a mio giudizio, ne risente in maniera sostanziale.
Ciao Giampaolo,
e sempre un piacere incontrarti, sono più propenso che la TIELLA deriva dalla spagnolo, ( PAELLA = PADELLA ) se pensi che li abbiamo avuti entrambi per ben 700 anni se ti sembra poco.
Quella con il manico da noi si chiama: frizzlich, dallo sfrigolio del friggere, in verità ti dirà che non c'è una grande differrenza di cultura tra le due regioni, nella credenza pugliese, si pensa che Napoli per la sua importanza, nei tempi che furono e anche in riferimento all'univesita, dove moltissimi cervelli Baresi studiarono, si sia appropiato di molte tradizioni, pugliese e non solo, che con il passare del tempo sono diventate di propietà della cultura Napoletana.
Alla tua ricetta, ci metterei un poco di più, di pecorino, aglio e eliminerei la
mezza valva.
Un carissimo SALUTO.
Nino
Caro Nino,
è sempre un piacere sentirti.
Accolgo il tuo suggerimento di aumentare il quantitativo di aglio e pecorino perché certamente sulla cucina pugliese mi puoi insegnare molto, inoltre questa modifica che suggerisci viene anche incontro al mio gusto personale.
Per quel che riguarda le cozze, a me, in Puglia è sempre stata servita la tiella con cozze e valva inferiore.
Circa l'etimologia della parola, credo che sia più probabile che sia tiella che paella siano indipendente derivate dal latino patella. Affermo questo perché, a quanto mi risulta, nel dialetto napoletano la parola risale al periodo angioino che è precedente alla dominazione spagnola.
Siamo sempre in attesa della ricetta della paella valenciana.
Dato che in famiglia ho problemi con le cozze potresti dare le due ricette che non le contengono?
Grazie
laura
Cara Laura come promesso, eccco la prima ricetta di una tiella senza cozze.
Prevede l'uso dei funghi cardoncelli, che sono un tipico prodotto della Murgia e della foresta umbra, ma puoi tranquillamente realizzarla anche con altri tipi di funghi; io l'ho preparata anche con porcini ed è ottima.
Ingredienti
Patate g 400
Funghi cardoncelli g 600 (solo cappelle)
Cipolla 250 g (è meglio cipolla rossa dolce)
Agio, prezzemolo, sale, pepe, olio
Primo strato cipolla a fettine
Secondo strato patate a fettine
Terzo strato cappelle di funghi
Dopo ogni strato una buona manciata di trito misto di aglio, prezzemolo,sale e pepe ed una irrorata di olio a filo a spirale.
Sullo strato finale dei funghi una manciata di pangrattato ed un ultimo filo d'olio.
Irrorare con mezzo bicchiere di acqua, o meglio di fumetto fatto con i gambi dei funghi.
Forno 30 minuti a 200°C, ultimi dieci minuti funzione ventilato per rosolare il pangrattato.
Ricavare a crudo le code dei gamberetti e mettere da parte teste e carapaci.
Con le teste ed i carapaci di gamberetti preparare un fumetto di gamberi profunato con 5 cc di aceto di riso ed un pezzetto di radice di zenzero.
Cuocere il riso coperto e senza muoverlo a fuoco dolce per 12 minuti a partire dal bollore con la aggiunta di fumetto pari a 1,5 volte il peso del riso.
A fine cottura il riso deve risultare abbastanza asciutto; se durante la cottura, che conviene fare con coprchio trasparente, ci si accorge che il riso diventa troppo asciutto, aggiungere altro fumetto bollente a cucchiaini.
A fine cottura stendere con una spatola il riso su una placca di alluminio e porre in forno ventilato a 40°C ad asciugare.
Scaldare in un wok olio evo e rosolare zenzero grattuggiato e pepe nero abbondante; in questo olio caldo fumante cucere agitantandole in continuazione le code di gamberetti per non più di 4/5 minuti; poi raffreddare mettendo le code in un passino recuperando sotto l'olio in una ciotolina.
Aggiungere all'olio dei gamberetti altro olio crudo se necessario, una spruzzata di salsa di soia ed ancora un po' di sale.
Con questo olio condire il riso a temperatura ambiente e poi aggiungere le code di gamberetti.
Servire a parte ai commensali spicchi di lime da spruzzare nel piatto al momento di mangiare solo se gradito.
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