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  • La genovese

    La genovese

    La genovese è la salsa che ho preparato per l'ultimo raduno dei coquinari pugliesi che si è svolto nello scorso mese di ottobre a casa di Rosaria - Ventana.

    Ne ho tratto lo spunto per parlarvene sia dal punto di vista storico che della tecnica di preparazione secondo la procedura classica.

    La genovese, altra gloria della cucina classica napoletana, è una tipica salsa napoletana utilizzata per condire i maccheroni.

    Si tratta di un tipo di salsa di origini molto antiche, anche se il nome, probabilmente, è più moderno e di origini non certamente note.

    Per prima cosa cerchiamo di capire il perché di questo nome, dato che di un sugo di questo tipo non vi è traccia nella cucina genovese.

    Le ipotesi che sono state fatte per giustificare l'origine di questo nome sono diverse, alcune anche piuttosto fantasiose, ma sembra che la più attendibile sia la seguente.

    Le navi della marina borbonica, che fra il diciassattesimo e e diciottesimo secolo era fra le marine più agguerrite del mondo, avevano sempre a bordo un chef di alto livello che curava la cucina per gli ufficiali prevalentemente appartenenti alla nobiltà della corte borbonica.

    Questi chef erano abitualmente di origine genovese e di scuola culinaria francese.

    Una delle ricette che era di gran moda in quel periodo era la ricetta francese del "boeuf a la mode" (bue alla moda) dove un gran pezzo di bue di primo taglio, dopo una iniziale brasatura con vino bianco e brodo, veniva completato di cottura in casseruola con cipolle, carote e piedino di vitello disossato.

    Ora nel corso del diciassettesimo secolo accadde che alcune navi furono messe in disarmo ed i relativi chef, che oramai vivevano a Napoli con le relative famiglie, si ritrovarono senza lavoro.

    Alcuni di essi si arrangiarono aprendo una trattoria alla Loggia di Genova, una strada a ridosso del porto dove era concentrata la colonia di genovesi a Napoli.

    Ovviamente in trattorie popolari non potevano certo cucinare pezzi di carne di pregio, come era previsto nella ricette del bue alla moda, ma si dovettero accontentare di utilizzare i cosiddetti residui di bancone delle macellerie.

    Trattandosi di parti ricche di nervi ed altri tessusi connettivi consistenti essi applicarono un tipo di cottura simile a quella della ricetta del bue alla moda, ma allungando notevolmente i tempi di cottura ed abbondando enormemente con la aggiunta di cipolle per aumentare il quantitativo di sugo a parità di carne.

    I pezzi di carne, molto sfruttati dalla lunghissima cottura, venivano poi tritati ed utilizzati per fare polpette insaporite con pinoli ed uva passita.

    Da questo episodio derivà il nome della ricetta di sugo o ragù alla genovese, volendo intendere sugo come lo preparano i trattori genovesi, che poi ebbe ampia diffusione nella cucina napoletana quasi al livello del ragù.

    Rispetto al ragù, però vi è una differenza; mentre il ragù è una salsa che si presta ai più svariati impeghi, la genovese è principio e fine a se stessa, è una salsa superba e solitaria che esige la sola compagnia dei maccheroni, in genere i mezzani spezzati o i maltagliati, nome antico corrispondente alle moderne penne; anticamente le penne venivano chiamati maltagliati perché il taglio veniva effettuato a mano da operai alla uscita della trafila, pertanto essi si presentavano di lunghezza variabile e con i tagli ad angolatura variabile.

    Come dicevo, però, l'usanza di condire pasta con sugo a base di cipolle ha origini molto antiche.

    Il primo esempio, che può essere considerato l'antenato diretto della genovese, si riscontra in un ricettario napoletano del quattordicesimo secolo: Liber de coquina, di un autore anonimo trecentesco appartenente alla corte angioina napoletana, e dedicato a Carlo II d'Angià .

    Una delle ricette di questo libro si intitola "De Tria Ianuensis", tradotta in "Della Tria Genovese".

    Il termine "tria" deriva dall'arabo "itriya" , a sua volta proveniente dal greco "itria" e con tale denominazione si usava indicare, ancora in età bizantina, vari tipi di manufatti di pasta lunghi. E, in effetti, la pasta essiccata costituì un alimento fondamentale della cucina araba fin dal secolo IX, molto prima che la stessa fosse introdotta in Italia ed in particolare in Sicilia proprio dagli stessi arabi.

    De Tria Ianuensis

    "Ad triam ianuensem, suffrige cipolas cum oleo et mite in aqua bullienti, decoque, et super pone species; et colora et assapora sicut vis. Cum istis potes ponere caseum grattatum vel incisum. Et da quandocumque placet cum caponibus et cum ovis vel quibuscumque carnibus.".

    Della tria genovese

    "Per fare tria genovese soffriggi cipolle con olio e metti in acqua bollente; fa cuocere e mettivi sopra spezie; e colora e insaporisci come vuoi. Con queste puoi mettere formaggio grattato o tagliato a pezzi. E servile ogni qual volta ti piaccia insieme con capponi o con uova o con qualunque carne.".

    Ricette molto simili alla genovese poi compaiono sia nell'opera 'Cucina Napoletana" (1832) di Vincenzo Corrado, sia nell'opera "Cucina teorico - pratica" (1836) di Ippolito Cavalcanti.

    In particolare nell'opera del Cavalcanti vi è una appendice dedicata alla cucina popolare napoletana, scritta in dialetto, dal titolo "Cucina Casarinola co la Lengua Napolitana".

    In tale appendice vi è una ricetta di girello imbottito che sembra proprio la ricetta della più moderna genovese.

    "Lacierto di vacca mbuttunato"

    "Si po' lu vuo' fa mbuttunato, pigliarraje nu bello laciertiello, nce farraje nu pertuso a luongo, a luongo; po' piglia na fella de prosutto e la ntretullaraje, nu poco de petrusino pure ntretato, quatto spicole d'aglia, pass e pignuole, na capa de casecavallo fatta a pezzulle e la mbottunarraje; miettelo dint'a nu tiano cu llardo pestato, na cepolla ntretata, sale, pepe e tutte spiezie e fallo zuffrijere buono, buono; confromme s'arrussesce miettece nu poco d'acqua a la vota e accossì farraje nu bello brodo pe li maccarune e pe ogne ncosa.".

    "Girello di giovenca imbottito"

    "Se poi lo vuoi preparare imbottito, prendi un bel girello e fagli un foro per tutta la lunghezza; poi prendi una fetta di prosciutto e tritala, un poco di prezzemolo pure tritato, quattro spicchi d'aglio, uva passita e pinoli, una testa di caciocavallo fatta a pezzeti e lo farcirai; mettilo dentro un tegame con lardo pestato, una cipolla tritata, sale, pepe e tutte le spezie e fallo soffriggere per bene; quando è scurito mettici un poco di acqua per volta e così farai un bel sugo per i maccheroni e per ogni cosa".


    Passiamo ora alla ricetta.


    La ricetta della genovese che utilizzo io si ispira fondamentalmente a quella riportata nella "Cucina napoletana" di Jeanne Carola Francesconi che prevede la stufatura preventiva della carne cui segue la rosolatura; inoltre è previsto l'uso del prosciutto crudo nel battuto.

    Ingredienti

    Carne di manzo o vitellone 1,500 kg
    Olio decilitri 1
    Sugna g 50
    Lardo g 100
    Prosciutto e/o salame napoletano g 100
    Carote g 300
    Sedano 1 costa
    Cipolle napoletane kg 1,500
    Concentrato di pomodoro 2 cucchiaini
    Vino bianco secco decilitri 2,5
    Chiodi garofano 4
    Sale e pepe.

    Preparazione

    Come carne per la ricetta si può utilizzare sia carne di manzo che di annecchia (giovenca) e vari pezzi. Io preferisco utilizzare pezzi del quarto anteriore ricchi di tessuto connettivo, perché il collagene che va in soluzione nel sugo durante la cottura, contribuisce a dare corposità al sugo stesso senza necessità di ulteriore addensamento.

    In questo caso ho utilizzato due gamboncelli di annecchia.

    I gamboncelli sono i muscoli allungati della zona superiore della zampa anteriore; ve ne è uno anteriore ed uno posteriore un po' più grande; sono muscoli che lavorano molto, quindi molto ricchi di mioglobina e di collagene, inoltre abbondano di fibre nervose e di tendini.

    L'utilizzo di questi pezzi contribuisce ad addensare e rendere molto cremosa la parte liquida del sugo finale oltre che renderlo molto saporito.

    Se, viceversa, si utilizzano parti più pregiate del quarto posteriore, ad esempio il lacerto (girello), si otterrà un pezzo di carne migliore da mangiare, ma a scapito di un sugo un po' meno saporito.

    In foto potete vedere i due gamboncelli che ho utilizzato sia tal quali, sia già opportunamente legati per mantenere la forma durante la lunga cottura.









    Come prima operazione va preparato un battuto molto fine con il lardo ed il prosciutto.





    Vanno poi finemente tritate le cipolle, il sedano e le carote.

    Per questa ricetta vanno utilizzate le cipolle napoletane, una varietà di cipolla dal gusto piuttosto intenso e dal colore rosa violaceo.

    Le potete vedere in foto






    La ricetta della Signora Francesconi prevede che le verdure vengano passate la tritacarne, ma io preferisco tagliarle in pezzi abbastanza piccoli al coltello perché la presenza dei piccoli pezzi nella salsa finale da un maggiore senso di rusticità alla preparazione.

    Vanno quindi disposti in un grande tegame di creta prima i grassi: trito di prociutto e lardo e olio; poi si aggiunge abbondante pepe in grani pestato al mortaio; poi si adagiano i pezzi di carne ed in fine si copre il tutto con il trito di verdure.





    Si procede ora alla stufatura della carne e delle verdure su fuoco lento per 2,5 ore.

    Trascorso questo periodo si estraggono i pezzi di carne e si rosolano separatamente in padella con un poco di olio.









    Nel frattempo si continuano a cuocere le cipolle a fuoco un po' più brillante per asciugare il liquido rilasciato dalla carne e dalle verdure durante la fase di stufatura.





    Quando la cipolla si è un po' ristretta, si rimettono i pezzi di carne nella pentola, si aggiunge il vino bianco e si lascia lentamente cuocere per almeno 3 ore; questa fase di cottura deve avvenire a temperatura inferiore a 100°C, quindi la effettuo sul fuoco più piccolo, messo al minimo e con la interposizione di una piastra di alluminio spessa; in tal modo la cottura prosegue nella pentola di creta a circa 85°C.

    Al termine si porta via la carne e se necessario si prosegue ancora per restringere il sugo al punto giusto.

    Questo è l'aspetto finale della salsa che deve risultare scura e lucida.





    Con questa salsa sono state condite delle penne di Gragnano e nel piatto si provveduto a spolverizzare il tutto con abbondante parmigiano in scagliette.





    Questa salsa genovese è stata portata al raduno dei coquinari pugliesi del 17 ottobre u.s.


    Cordiali saluti a tutti

    Giampaolo

  • #2
    Splendida! In questo momento non desidererei altro.
    Complimenti!
    Norma

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    • #3
      Gianpaolo ma perché togliere la carne e farla cuocere separatamente e poi rimetterla nel sugo?
      Sofia

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      • #4
        Io ho assaggiato più e più e più volte la genovese di Rosaria.
        Non mi sono mai azzardata a rifarla perché so che quello che fa lei è frutto di una manualità speciale che io non possiedo.
        E che forse possiedono solo i napoletani.

        Ma per genovese quindi non si intende la carne, ma solo la salsa?
        e finalmente ho capito "ciceri e tria!" GRAZIE!

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        • #5
          A quest'ora non si fa!!

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          • #6
            Pubblicato originariamente da Sofia Visualizza il messaggio
            Gianpaolo ma perché togliere la carne e farla cuocere separatamente e poi rimetterla nel sugo?
            infatti.. va beh che ogni ricetta di genovese è quella giusta ( solo nel senso che ogni famiglia se ne tramanda una, un po' come il ragù)
            Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni(A. Campanile) www.ricettelle.blogspot.com

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            • #7
              Rossanina per quanto ne so io,la genovese è un sugo con la carne come il ragù.
              Mia madre lo prepara con lo stesso tipo di carne che usa per il ragù.
              Sofia

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              • #8
                Ecco sofia, io pensavo che si cuocesse la carne e con il sugo di cottura si condisse la pasta.
                Ma pensavo che si chiamasse genovese la carne (e di conseguenza il sugo) e non il sugo (e di conseguenza la carne).
                Non so se mi sono spiegata.

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                • #9
                  Si ti sei spiegata...non è il tipo di carne che si chiama genovese ma proprio il sugo.
                  Comunque se non sbaglio nella ricetta di Rosaria (di cui dovrebbero esserci i fotogrammi) la carne si cuoce insieme a cipolle e odori (cioè sedano e carota)
                  Sofia

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                  • #10
                    Pubblicato originariamente da Bibby Visualizza il messaggio
                    Splendida! In questo momento non desidererei altro.
                    Complimenti!
                    Ti ringrazio, Bibby

                    Ciao

                    Giampaolo

                    Commenta


                    • #11
                      ...è da svenimento!!!! Anch'io ho "provato" a farla con la ricetta che usava mia mamma che è poi simile a quella di Rosaria..ho cambiato solo il tipo di carne ed usato copertina di manzo...

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                      • #12
                        Bello questo procedimento, anche se completamente diverso da quello che ho sempre seguito io (e cioè la ricetta di Rosaria). E' uno dei condimenti preferiti da Renzo.
                        Questo mi sembra un po' più laborioso,ma il risultato, almeno dalla foto è molto simile!
                        Grazie
                        Tu mi hai fatto conoscere amici che non conoscevo, Tu mi hai fatto sedere in case che non erano la mia, Chi mi era lontano oggi è vicino e lo straniero è divenuto mio fratello (Tagore)

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                        • #13
                          Pubblicato originariamente da Sofia Visualizza il messaggio
                          Gianpaolo ma perché togliere la carne e farla cuocere separatamente e poi rimetterla nel sugo?
                          Cara Sofia,

                          questa ricetta della genovese che preparo io è aderente ai criteri di cottura ottocenteschi che sono diversi da quelli abitualmente applicati dalle famiglie napoletane in tempi più moderni.

                          Come avrai notato dalla descrizione la cottura della carne avviene a partire da freddo insieme con le cipolle e tutte le altre verdure.

                          Al termine del periodo di stufatura si ottiene un abbondante liquido che proviene sia dalla carne che dalle cipolle, tanto è vero che la mia ricetta non richiede aggiunta di altri liquidi. Tutto questo liquido verrà assorbito in parte durante la seconda fase di cottura a bassa temperatura dalla carne ed in parte evaporerà , ma richiederà comunque alla fine anche una asciugatura con rosolatura della cipolla a temperatura più allegra, dopo avere tolta la carne ormai ben cotta.

                          Se si procedesse così senza togliere mai la carne, quest'ultima non avrebbe mai la possiobilità di rosolarsi e conferire al sugo quel gusto di arrosto che ne intensifica l'aroma.

                          Per ottenere ciò è necessario che la carne venga separatamente rosolata ad alta temperatura con un poco di olio.

                          Questa operazione potrebbe essere fatta preliminarmente, ma io preferisco farla dopo la stufatura per avere la carne completamente fredda all'inizio della stufatura, e senza crosticine, per favorire la completa emissione dei succhi interni che devono perfettamente insaporire la salsa, che,evidenzio, è lo scopo di questa ricetta.

                          La procedura che invece viene seguita in quasi tutte le case napoletane nei tempi moderni è di fatto una procedura da brasato che prevede la preventiva rosolatura della carne nella cipolla, poi l'aggiunta di lquido e la cottura. Questo tipo di preparazione privilegia la carne a scapito della salsa e, secondo la mia opinione, snatura il significato stesso della genovese che una salsa, non un modo di cucinare la carne.

                          Cordiali saluti

                          Giampaolo

                          Ciao

                          Giampaolo

                          Commenta


                          • #14
                            Giampaolo, compimenti per la ricetta, sembra molto invitante... il piatto finale è da leccarsi i baffi

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                            • #15
                              Bravissimo GP :-)
                              "anche se il chimico dirà che non è vero. Firmato e sottoscritto" (cit).

                              http://bressanini-lescienze.blogauto...repubblica.it/

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