di Bruna Cipriani
© Bruna Cipriani
Mi sa che devo tradurre: Piota nel nostro dialetto vuol dire lastra di pietra.
Il mio tetto è fatto di piote, le strade si lastricavano con le piote…insomma siam sempre lì, all’età della pietra e nella fattispecie della pietra ollare.
Probabilmente cucinare sulla lastra di pietra è stato il secondo passaggio della cucina primitiva, il primo penso sia stato infilzare un pezzo di carne o un pesce su un ramo e cuocere direttamente sul fuoco.
Da noi per arrostire si usa la piota sul camino da sempre, questa è una tipica piottata da crotto: costine di maiale, patate e cotolette, è la nostra tradizione locale: crotto, camino, piota, polenta, convivialità , accoglienza.
© Bruna Cipriani
La pietra ollare ha origini antichissime, riporto qui uno stralcio di un articolo che avevo scritto per il “Lunario della Valchiavenna” 2011: “Attorno a un lavèc”.
Quanta storia attorno ad un semplice utensile da cucina che ci arriva dalla notte dei tempi.
Attorno a questa pentola pesante, resistente e fragile allo stesso tempo.
Resistente come la fibra montanara dei lavegiàt, dei cavatori di pietra ollare, ma fragile come possono essere fragili e delicati i sentimenti, basta un urto, uno sbalzo e si rovina per sempre.
Una storia vecchia di secoli, anzi, se pensiamo alla formazione della pietra ollare, è una storia che risale a milioni di anni fa.
Durante il Giurassico medio, circa 180 milioni di anni fa, le vicende geologiche portarono all’apertura di un ‘piccolo… braccio oceanico, chiamato dai geologi Oceano Ligure – piemontese, che separò la massa continentale africana da quella europea. Il fondo era formato da croste di silicato di ferro e magnesio, materiali che uscivano continuamente come magma da una frattura mediana.
A partire dal Cretaceo, 120 milioni di anni fa, le placche europea ed africana si avvicinarono sino ad arrivare alla collisione: la placca europea finì sotto alla placca africana.
Tutto quello che era frapposto tra i 2 continenti venne schiacciato, parte finì in profondità e parte venne sollevato sulle piattaforme continentali decretando la fine dell’Oceano Ligure Piemontese e la nascita delle Alpi.
Nel Terziario, 30 milioni di anni fa, tra le falde rocciose Tambà e altre si infilarono delle rocce del fondo dell’Oceano.
Queste rocce metamorfiche, che si accompagnarono a talco, calcite, albite, dolomite, miche, cloriti, quarzo e magnesio, tipiche del territorio di Chiavenna fino a Prata, diedero origine al complesso Ofiolitico di Chiavenna, imparentato a quello della Valmalenco.
L’insieme di queste rocce (cloritoscisti e talcoscisti) è nominato Pietra Ollare.”
Avvincente vero?
Spero di avervi riferito in modo abbastanza esatto quanto ho ascoltato nell’ambito della manifestazione ‘Dieci giorni tra Storia Cultura Musica Teatro Ambiente e buona Cucina dal 27 agosto al 5 settembre 2010… organizzata dall’Associazione Italo-Svizzera per gli scavi di Piuro.
Nell’evento “Sota Al cuerc del lavecc”, durante la ‘Tavola rotonda sull’utilizzo salutistico del lavèc… e sulle proprietà della pietra ollare nei vari usi domestici…, il Prof. Franco Rodighiero, dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Scienze Geologiche e Geotecnologie, ha descritto in modo chiaro ed interessante il ‘Progetto per la valorizzazione della Pietra Ollare”, gli studi e le analisi che con la sua equipe sta svolgendo nelle cave del territorio di Piuro.
Non è affascinante pensare che questa pietra esiste dall’inizio della formazione della terra e durerà finché esisterà il nostro pianeta?!
Questo concetto di immortalità mi richiama le credenze dei Nativi americani, i Lakota, ed i loro Stone People… , il Popolo delle pietre, cioè gli Antichi… del nostro pianeta, portatori della conoscenza di questo mondo e dei suoi cambiamenti dall’inizio dei tempi.
E’ un aspetto che mi intriga e mi fa pensare alla cucina con la pietra ollare come alla Cucina del Tempo…: il tempo della formazione della pietra, il tempo della scoperta della pietra non solo come strumento di offesa o difesa, il tempo dei nostri antenati con il recupero delle nostre tradizioni, il tempo dei ricordi, il tempo che ci vuole per cucinare.
Purtroppo non sempre si può godere di questo ma ogni tanto, in piccolo, certe preparazioni si vorrebbero gustare anche a casa e allora che si fa?
Ma si usa la piota in pietra ollare per il gas ecchediamine!!!
La si prepara a dovere, come si fa con un lavèc nuovo: si unge per benino con strutto od olio lasciandolo penetrare bene per circa tre giorni, si ripulisce con carta e la si mette in forno freddo portandolo a 140° in circa due ore.
Ecco ora è pronta per essere usata con lo spargifiamma.
© Bruna Cipriani
Per cuocere la carne con un certo spessore è meglio tenerla sul fuoco con uno spargifiamma sotto, se invece vuoi cuocere in tavola devi usare delle fettine sottili di carne oppure dei gamberetti, insomma pezzetti poco spessi, e quando è raffreddata la rimetti sul fuoco a scaldare.L’utilizzo della piota è una tecnica di cottura molto salutare e migliore di quelle alla griglia o alla brace che possono sviluppare acroleina e/o benzopirene, quando il grasso contenuto nella carne durante la cottura si scioglie e cola sulla brace originando queste sostanze tossiche che possono essere cancerogene.
Sulla piota questo non dovrebbe avvenire perchè la cottura non si pratica sulla fiamma viva, il grasso cola al di fuori della brace e sulla lastra non si raggiungono temperature così alte da indurre la carbonizzazione degli alimenti, in pratica è una cottura dietetica e senza grassi aggiunti.
Anche le verdure vengono benissimo!
Le più usate sono le patate tagliate a fettine con la buccia, le falde di peperone e le zucchine sempre tagliate a fette per il lungo. Di solito a crotto, sulla piota grande, le verdure si mettono dopo aver cucinato la carne e prendono un gustino veramente appetitoso.