di Rossanina
© L'ing

I salumi della Valle d’Aosta. Jambon De Bosses

Tante volte mi sono chiesta se la passione potesse passare nel prodotto che si realizza, o meglio, se chi vede/sente/assaggia un prodotto realizzato con passione possa percepirla.Sono convinta di sì.

La passione, l’amore, il desiderio di dare il meglio di sé conduce ad ottenere risultati altrimenti impossibili. E’ la spinta finale, quella che ti fa dare il 110%. E lo si percepisce.
Tanto più se chi questa passione ce l’ha, ce la racconta.
Nel 2013 siamo tornati, per la terza volta, in Valle d’Aosta. Ma questa volta con un’idea di un percorso diverso. Non più seguire i percorsi naturalistici, quelli artistici, quelli storici, ma quello della passione. Un percorso che ci ha portato in tante tappe. Che hanno spaziato dal vino alla cucina (che fosse di agriturismo o di ristorante stellato), dai formaggi di capra ai lamponi, dalle veglie ai salumi.
Un percorso che mi piacerebbe ripercorrere a puntate con voi. Perché, se vi va, possiate farlo anche voi. Per conoscere una Valle d’Aosta forse sconosciuta ai più.
E vorrei cominciare dalla cosa che mi ha stupito di più. I salumi.
Essendo toscana è implicito che, come tutti i toscani, pensi che nessuno riesca a fare qualcosa meglio di noi! E guai a chi ci tocca i salumi. Bono come il nostro prosciutto ‘un c’è.Figuratevi poi cosa posso pensare io, casentinese, con il prosciutto del casentino per fare il quale han pure ricreato una razza apposta! Ma sarà! E la finocchiona? Il salame? Il lardo di Colonnata? E insomma, mi pareva di vincere a mani basse.

© L'ing

Ma già nell’estate del 2012 avevo avuto sentori che le cose non fossero proprio così. E che qualche ditta artigianale che lavorava bene bene ci fosse anche al di fuori del “Granducato”.
La Luciana (proprietaria dell’agriturismo La Vrille dove alloggiavamo e che per me rappresenta il top degli agriturismi, e non solo in Valle d’Aosta) ci aveva consigliato per i nostri pranzi al sacco di rifornirci al negozietto. Ovvero, non al negozio piccolo, proprio all’esercizio commerciale denominato “il negozietto”.
Un buchetto, ma con dei prodotti straordinari.
E parla te che parlo anche io il proprietario del negozietto (dove andavamo orami tutti i giorni) ci consigliò di provare dei prodotti di una ditta non famosissima, ma ancora abbastanza piccola da lavorare con… passione.
Da scienziata del cibo prendemmo gli stessi prodotti della ditta famosa e leader della diffusione dei salumi valdostani (di cui avevamo visitato il laboratorio in una visita che ci parve molto “turistica”) e di questa. Ci facemmo fare un segno nelle confezioni e li assaggiammo in modo comparato. Alla cieca. Non c’era storia. La differenza si sentiva a distanza.
E fu così che tornammo a casa con qualche ricordino della ditta piccolina nella borsa frigo.
E l’anno scorso, quando al proprietario de La Clusaz, ristorante stellato dove la passione è più che di casa, chiedemmo un consiglio su dove andare a scoprire qualcosa sui salumi locali, saltò fuori di nuovo il nome: “salumificio De Bosses”.

© L'ing
 “Vi ci porto io. Conosco bene il proprietario, il sig. Fegatelli”. Nomen omen. E via, tutti in auto verso il piccolo paese di Saint Rhemy en Bosses attaccato al passo del Gran San Bernardo, per conoscere questo posto, specializzato nella produzione del Jambon de Bosses, il prodotto con la DOP prodotto nella zona più alta d’Europa… e non solo.

Ad accoglierci c’era la passione.
Infinita.
L’amore per i propri prodotti, per la realizzazione fatta come si deve, per la conoscenza, la voglia di condividere.
Un fiume di parole che ci ha travolti: storia, tradizione, tecnologia, leggi, disciplinari, racconti, aneddoti, assaggi, tutto in una mattinata.Numeri di telefono, contatti per informazioni, biglietti da visita… “chiamate, dite che vi mando io e vedrete che potrete avere tutte le informazioni che vi faranno comodo”. Uscire dal laboratorio ed essere consapevoli di aver vissuto un momento indimenticabile.

Perché una dedizione così spinta è difficile da trovare in un mondo come quello attuale.

Perché quei prodotti da oggi per noi avranno un altro sapore.
Il sapore della tutela di un territorio, della sua storia, della sua economia, della sua dignità, … della passione.
Lo Jambon de Bosses è straordinario.
Il mio dna è fatto di prosciutto toscano. In casa mia era normale a gennaio comprare un prosciutto (stagionato un anno) e consumarlo nel tempo. La mamma lo affettava a mano, con la “coltella” che rigorosamente portava ad affilare affinché fosse perfetta. La su capacità di affettare a mano il prosciutto era secondo me incredibile. Faceva delle fette che sembravano fatte a macchina tanto erano sottili, ma la loro irregolarità le rendeva uniche.
Il prosciutto toscano è sapido (non salato, quello buono non deve essere salatissimo) con sentori di aglio (in quello che facevano per noi TANTO aglio) e pepe.
Quando pr la prima volta, quasi adulta, ho assaggiato il prosciutto di Parma l’ho trovato troppo “morbido” e dolce. Quelli che sono i suoi pregi per me erano difetti!

© L'ing
Poi ho conosciuto tramite Caterina il prosciutto di Sauris e me ne sono innamorata. Ma poi… poi ho scoperto questo.

Amo i sapori decisi, i profumi di sottobosco, di bosco, di erbe.
Lo Jambon de Bosses ha una carne morbida ma consistente, un profumo inebriante.
La carne è saporita e si percepiscono decisi i sentori della montagna, con le erbe, il timo, il ginepro.
Sono convinta che con il pane di segale sia una meraviglia, ma lo vedo benissimo anche con il pane di segale fichi e noci (il più buono mai mangiato comprato all’alimentare di Gessoney-la-trinité!).
Un prosciutto poco conosciuto al di là dei confini della Valle d’Aosta, ma un prodotto che secondo me si meriterebbe un successo incredibile.
Se volete saperne di più sui vari prodotti, le tecnologie di produzione, le differenze, (e magari pure comprarli) è meglio se andate a dare un’occhiata qui http://www.debosses.it
La conoscenza tecnica è fatta di dati e numeri, a me piace di più trasmettere emozioni.