Cucuzielli 'a scapece
La scapece è un condimento caldo a base di aceto, aglio e acqua che si utilizza per la preparazione e la conservazione di verdure o pesci fritti.
E' diffusa con questo nome in tutta l'Italia meridionale, mentre in altre regioni italiane esiste con altro nome.
Circa l'origine e l'etimologia di questo nome vi sono due scuole di pensiero che ne danno una origine romana o araba.
Io propendo per la prima ipotesi, anche perché supportata da un valente storico e glottologo della lingua napoletana, il Prof, Renato De Falco autore di "Alfabeto napoletano" che racconta la storia di circa 1500 parole napoletane illustarandone dettagliatamente il significato e puntualizzandone le complesse etimologie.
Per quanto riguarda la scapece egli ne fa risalire la invenzione ad Apicio, l'autore di "De re coquinaria" uno dei primi ricettari di cucina a noi pervenuti.
Racconta il De Falco che Apicio, molto ricco di inventiva in cucina, stanco di tutti i piatti della cucina romana, dove la presenza del "garum" o del "liquamen" appiattiva tutti i sapori, si inventà una salsa a base di aceto e aglio con la quale condiva alcuni suoi piatti. Queste ricette si diffusero
con il nome di "esca apicium", cioè letteralmente "pietanza di Apicio". Tale espressione rappresenta l'etimologia dei moderni termini italiani scapece, scabeggio, schibecci, scabicci e dei sinonimi carpione, saor e lo spagnolo "escabeche".
Una seconda teoria fa risalire la scapece ad una preparazione araba di nome "Sikbag" o "Sikbay"
mediata attraverso i termini medioevali "schibeze", "schinbeci" e "sclubentiam".
Questa preparazione fu introdotta in Sicilia durante i due secoli di dominazione araba cui fece seguito la riconquista da parte dei Normanni. Successivamente Federico II di Svevia (tredicesimo secolo) tentà di integrare la cultura araba, ampiamente radicata in Sicilia, anche in campo
gastronomico, con la cultura meridionale tramite la mediazione normanna e sveva.
Nel trattato culinario di Fedrico II "Meridionale" si parla di due conservazioni del pesce fritto a nome "askipeciam et gelatinum" per intendere rispettivamente la conservazione del pesce in aceto o sotto gelatina di pesce.
Questo particolare è riportato nel libro di Anna Martellotti "I ricettari di Federico II".
Probabilmente lo spagnolo "escabece" deriva anche esso dall'arabo tramite il termine in catalano antico "escabeig" che si potrebbe essere diffuso in Catalogna durante i secoli della dominazione araba nel sud della Spagna.
Questo tipo di preparazione, insieme con la "spiritosa", era un cibo molto diffuso a Napoli nel diciottesimo e prima parte del diciannovesimo secolo come cibo di strada estivo.
La tradizione del cibo cotto venduto in strada, in mezzo a consistenti pagnotte di pane, derivava da una specifica situazione sociale della città di Napoli in quel periodo.
La città di Napoli, in quel periodo, era una delle più grandi e più ricche città dell'intera Europa ( ma questo mi pare che vi stato troppe volte ripetuto negli ultimi giorni), ma accanto ai nobili ed alla borghesia ricca era afflitta dalla presenza di un consistente sottoproletariato urbano costuito da persone povere, senza alloggio e senza lavoro fisso, i cosidetti "lazzaroni".
Questi lazzaroni , ogni giorno, sciamavano per la citta alla ricerca di un qualsiasi piccolo lavoro che consentisse loro di guadagnare qualche moneta, che, per la loro atavica fame, immediatamente investivano in qualcosa da mettere sotto i denti. Questo stimolà una fiorente attività di vendita in
strada di prodotti già cotti e pronti mangiare la cui tradizione ancora oggi si perpetua nei quartieri
popolari di Napoli.
Ingredienti
Per 6 porzioni
zucchini kg 1
aceto bianco 100 g
aglio 2 spicchi
foglioline di menta
olio di oliva
sale, pepe
Procedimento
Lavare le zucchine e tagliarle a rondelle di un certo spessore ( 4/5 mm).

Infarinatele leggermente con farina 00 o farina di riso.
Friggere in padella con olio di oliva.
Regolate le quantità di olio e quella di zucchine per frittura in maniera che la temperatura dell'olio non scenda mai al di sotto dei 160°C.
Tenete presente che il calo di temperatura dell'olio, quando si immergono le zucchine, è notevole perché le zucchine contengono parecchia acqua.
Le zucchine vanno fritte fin quando raggiungono un bel colore brunito.
Quando pronte le zucchine si fanno sgrondare dell'olio in eccesso in un colafritto e, ancora calde, si dispongono sul fondo del recipiente di servizio a formare uno strato che poi si cosparge di foglioline di menta e si spruzza con un paio di macinate di pepe nero ed un pizzico di sale.

Nel frattempo che si completa la frittura delle zucchine, si pone al fuoco un recipiente con 100 g di aceto bianco, 100 g di acqua e due spicchi d'aglio tagliati a fettine. Questo liquido si lascia sobollire fino a quando non dimezza di volume.

Terminata la frittura e la composizione degli strati, si aggiunge la marinata di aceto e aglio acora
bollente sulle zucchine e si copre il recipiente.

Le zucchine così preparate vanno consumate almeno 24 ore dopo e si conservano, anche in estate, fuori del frigorifero per 4/5 giorni.
Cordiali saluti
Giampaolo
La scapece è un condimento caldo a base di aceto, aglio e acqua che si utilizza per la preparazione e la conservazione di verdure o pesci fritti.
E' diffusa con questo nome in tutta l'Italia meridionale, mentre in altre regioni italiane esiste con altro nome.
Circa l'origine e l'etimologia di questo nome vi sono due scuole di pensiero che ne danno una origine romana o araba.
Io propendo per la prima ipotesi, anche perché supportata da un valente storico e glottologo della lingua napoletana, il Prof, Renato De Falco autore di "Alfabeto napoletano" che racconta la storia di circa 1500 parole napoletane illustarandone dettagliatamente il significato e puntualizzandone le complesse etimologie.
Per quanto riguarda la scapece egli ne fa risalire la invenzione ad Apicio, l'autore di "De re coquinaria" uno dei primi ricettari di cucina a noi pervenuti.
Racconta il De Falco che Apicio, molto ricco di inventiva in cucina, stanco di tutti i piatti della cucina romana, dove la presenza del "garum" o del "liquamen" appiattiva tutti i sapori, si inventà una salsa a base di aceto e aglio con la quale condiva alcuni suoi piatti. Queste ricette si diffusero
con il nome di "esca apicium", cioè letteralmente "pietanza di Apicio". Tale espressione rappresenta l'etimologia dei moderni termini italiani scapece, scabeggio, schibecci, scabicci e dei sinonimi carpione, saor e lo spagnolo "escabeche".
Una seconda teoria fa risalire la scapece ad una preparazione araba di nome "Sikbag" o "Sikbay"
mediata attraverso i termini medioevali "schibeze", "schinbeci" e "sclubentiam".
Questa preparazione fu introdotta in Sicilia durante i due secoli di dominazione araba cui fece seguito la riconquista da parte dei Normanni. Successivamente Federico II di Svevia (tredicesimo secolo) tentà di integrare la cultura araba, ampiamente radicata in Sicilia, anche in campo
gastronomico, con la cultura meridionale tramite la mediazione normanna e sveva.
Nel trattato culinario di Fedrico II "Meridionale" si parla di due conservazioni del pesce fritto a nome "askipeciam et gelatinum" per intendere rispettivamente la conservazione del pesce in aceto o sotto gelatina di pesce.
Questo particolare è riportato nel libro di Anna Martellotti "I ricettari di Federico II".
Probabilmente lo spagnolo "escabece" deriva anche esso dall'arabo tramite il termine in catalano antico "escabeig" che si potrebbe essere diffuso in Catalogna durante i secoli della dominazione araba nel sud della Spagna.
Questo tipo di preparazione, insieme con la "spiritosa", era un cibo molto diffuso a Napoli nel diciottesimo e prima parte del diciannovesimo secolo come cibo di strada estivo.
La tradizione del cibo cotto venduto in strada, in mezzo a consistenti pagnotte di pane, derivava da una specifica situazione sociale della città di Napoli in quel periodo.
La città di Napoli, in quel periodo, era una delle più grandi e più ricche città dell'intera Europa ( ma questo mi pare che vi stato troppe volte ripetuto negli ultimi giorni), ma accanto ai nobili ed alla borghesia ricca era afflitta dalla presenza di un consistente sottoproletariato urbano costuito da persone povere, senza alloggio e senza lavoro fisso, i cosidetti "lazzaroni".
Questi lazzaroni , ogni giorno, sciamavano per la citta alla ricerca di un qualsiasi piccolo lavoro che consentisse loro di guadagnare qualche moneta, che, per la loro atavica fame, immediatamente investivano in qualcosa da mettere sotto i denti. Questo stimolà una fiorente attività di vendita in
strada di prodotti già cotti e pronti mangiare la cui tradizione ancora oggi si perpetua nei quartieri
popolari di Napoli.
Ingredienti
Per 6 porzioni
zucchini kg 1
aceto bianco 100 g
aglio 2 spicchi
foglioline di menta
olio di oliva
sale, pepe
Procedimento
Lavare le zucchine e tagliarle a rondelle di un certo spessore ( 4/5 mm).

Infarinatele leggermente con farina 00 o farina di riso.
Friggere in padella con olio di oliva.
Regolate le quantità di olio e quella di zucchine per frittura in maniera che la temperatura dell'olio non scenda mai al di sotto dei 160°C.
Tenete presente che il calo di temperatura dell'olio, quando si immergono le zucchine, è notevole perché le zucchine contengono parecchia acqua.
Le zucchine vanno fritte fin quando raggiungono un bel colore brunito.
Quando pronte le zucchine si fanno sgrondare dell'olio in eccesso in un colafritto e, ancora calde, si dispongono sul fondo del recipiente di servizio a formare uno strato che poi si cosparge di foglioline di menta e si spruzza con un paio di macinate di pepe nero ed un pizzico di sale.

Nel frattempo che si completa la frittura delle zucchine, si pone al fuoco un recipiente con 100 g di aceto bianco, 100 g di acqua e due spicchi d'aglio tagliati a fettine. Questo liquido si lascia sobollire fino a quando non dimezza di volume.

Terminata la frittura e la composizione degli strati, si aggiunge la marinata di aceto e aglio acora
bollente sulle zucchine e si copre il recipiente.

Le zucchine così preparate vanno consumate almeno 24 ore dopo e si conservano, anche in estate, fuori del frigorifero per 4/5 giorni.
Cordiali saluti
Giampaolo
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