La metto giù tutta precisina perché è una ricetta difficile e non si possono sbagliare gli ingredienti ed i procedimenti. Chiamatemi Pinello !!!
Dunque in primo luogo serve un ramo di erica scoparia che abbia una forcina.
L'erica scoparia (in toscana semplicemente scopa) è un arbusto della macchia mediterranea con foglioline aghiformi i cui rami terminali, legati strattamente, formano appunto una ramazza. Da qui il nome di erica scoparia.
Si deve tagliare un ramo di scopa e pulirlo fino ad una biforcazione.
Qui si appuntiscono, con un coltello, i due rami, in modo da avere una Y con un gambo lungo e gli altri due corti ed appuntiti.
Poi serve la macchia mediterranea d'intorno, ma se siete andati a fare l'erica scoparia siete già sul posto.
Cercate una radura, ed accendete un fuocherello facendo ben attenzione che non si possa propagare. E già accendere un fuoco è una buona lezione di cucina.
E' un ingrediente importante anche una bella giornata d'inverno, con il sole, l'aria limpida ed un po' di tramontana.
Mentre uno guarda il fuoco gli altri debbono andare a fare i funghi, anche se non ci sono, perché camminare nella macchia è una ginnastica completa di torsioni, avvitamenti, salite, discese ecc. e contribuisce in modo enorme ad una sana fame.
E la fame è la madre di tutte le preparazioni gastronomiche. Se non ci fosse la fame nulla sarebbe buono.
Serve poi della ottima salciccia.
Se possibile quella di Chiusdino, perché sarà pur vero che i maiali non sono esperti di Storia dell'Arte (Sgarbi è una eccezione) ma essere nati e cresciuti vedendo l'Abbazia di San Galgano dona alle carni una serenità che le distende e le rende migliori.
Infine serve una buona bottiglia di rosso, di quello vinoso e pastoso, che sa di Sangiovese.
Ritornati dalla ricerca dei funghi si infilano le salcicce sulle punte acuminate della forcina di erica e si pianta in terra o tra due sassi il "manico" della Y avvicinando la carne alle braci, che non devono fare fiamma o fumo.
Nell'attesa ci si tolgono le foglie che sono andate nella scollatura e si affetta il pane.
Le salcicce non devono cuocere molto, altrimenti rinsecchiscono.
Una bella rosolata esterna, che incominci a fondere il grasso, e sono pronte.
Per servirle serve una bella fetta di pane toscano, larga e abbastanza spessa. Si apre la salciccia e si mette sulla fetta di pane, non serve il piatto ma solo una coltella affilata e si taglia di volta in volta un po' di salciccia, facendo contrasto sul pane sottostante e poi si taglia il pane stesso, che sarà stato nel frattempo impregnato di grasso sciogliente.
E' un meccanismo tutto sommato semplice, quello di mangiare pane e companatico facendo del pane anche piatto, un meccanismo che si impara da piccini quando ci insegnano, in toscana, a fare i "ciuchini".
D'altronde c'è chi impara a mangiare con le bacchette e non sa mangiare con un coltello.
Ecco, vi ho dato la ricetta di uno dei piatti più buoni del mondo.
E non ridete, per la miseria !!!
Dunque in primo luogo serve un ramo di erica scoparia che abbia una forcina.
L'erica scoparia (in toscana semplicemente scopa) è un arbusto della macchia mediterranea con foglioline aghiformi i cui rami terminali, legati strattamente, formano appunto una ramazza. Da qui il nome di erica scoparia.
Si deve tagliare un ramo di scopa e pulirlo fino ad una biforcazione.
Qui si appuntiscono, con un coltello, i due rami, in modo da avere una Y con un gambo lungo e gli altri due corti ed appuntiti.
Poi serve la macchia mediterranea d'intorno, ma se siete andati a fare l'erica scoparia siete già sul posto.
Cercate una radura, ed accendete un fuocherello facendo ben attenzione che non si possa propagare. E già accendere un fuoco è una buona lezione di cucina.
E' un ingrediente importante anche una bella giornata d'inverno, con il sole, l'aria limpida ed un po' di tramontana.
Mentre uno guarda il fuoco gli altri debbono andare a fare i funghi, anche se non ci sono, perché camminare nella macchia è una ginnastica completa di torsioni, avvitamenti, salite, discese ecc. e contribuisce in modo enorme ad una sana fame.
E la fame è la madre di tutte le preparazioni gastronomiche. Se non ci fosse la fame nulla sarebbe buono.
Serve poi della ottima salciccia.
Se possibile quella di Chiusdino, perché sarà pur vero che i maiali non sono esperti di Storia dell'Arte (Sgarbi è una eccezione) ma essere nati e cresciuti vedendo l'Abbazia di San Galgano dona alle carni una serenità che le distende e le rende migliori.
Infine serve una buona bottiglia di rosso, di quello vinoso e pastoso, che sa di Sangiovese.
Ritornati dalla ricerca dei funghi si infilano le salcicce sulle punte acuminate della forcina di erica e si pianta in terra o tra due sassi il "manico" della Y avvicinando la carne alle braci, che non devono fare fiamma o fumo.
Nell'attesa ci si tolgono le foglie che sono andate nella scollatura e si affetta il pane.
Le salcicce non devono cuocere molto, altrimenti rinsecchiscono.
Una bella rosolata esterna, che incominci a fondere il grasso, e sono pronte.
Per servirle serve una bella fetta di pane toscano, larga e abbastanza spessa. Si apre la salciccia e si mette sulla fetta di pane, non serve il piatto ma solo una coltella affilata e si taglia di volta in volta un po' di salciccia, facendo contrasto sul pane sottostante e poi si taglia il pane stesso, che sarà stato nel frattempo impregnato di grasso sciogliente.
E' un meccanismo tutto sommato semplice, quello di mangiare pane e companatico facendo del pane anche piatto, un meccanismo che si impara da piccini quando ci insegnano, in toscana, a fare i "ciuchini".
D'altronde c'è chi impara a mangiare con le bacchette e non sa mangiare con un coltello.
Ecco, vi ho dato la ricetta di uno dei piatti più buoni del mondo.
E non ridete, per la miseria !!!
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