L'amica Mariella M, nelle sue sperimentazioni sulle briosche catanesi, ha scoperto che, prolungando il tempo di lievitazione dell'impasto da tre a otto ore, le sue brioche migliorano di gran lunga il loro sapore e la loro sofficità .
Vorrei approfittare di questa constatazione sperimentale per cercare di analizzare quale è l'influenza del tempo di lievitazione negli impasti con lievito di birra e come questo è collegato con la percentuale di lievito utilizzato; nel caso specifico l'amica Mariella M aveva utilizzato una ricetta tratta dal forum Gennarino dove era previsto un utilizzo di lievito al 1,5% rispetto al peso farina.
Tutte le farine, ed in particoare le farine di qualità ad alta forza, contengono al loro interno una certa piccola percentuale di batteri lattici; l'ambiente di una farina è un ambiente abbastanza asciutto, infatti le farine hanno abitualmente un contenuto di umdità del 15%, pertanto questi batteri lattici sono in una condizione semidormiente vale a dire hanno un metabolismo abbastanza rallentato.
Per quanto sopra quando si prepara un impasto con lievito di birra, avremo nell'impasto sia i saccaromiceti cervisiae, provenienti dal lievito di birra, sia batteri lattici.
A questo punto vorrei rammentare che sia i lieviti che i batteri lattici hanno due tipi di metabolismo.
Se si trovano in presenza di ossigeno, cioè in ambiente aerobico, utilizzano gli zuccheri e l'ossigeno per moltiplicarsi.
Se, invece, non vi è ossigeno, cioè si trovano in ambiente anaerobico, fermentano cioè scindono gli zuccheri con produzione di anidride carbonica.
Ora, mentre i saccaromiceti, quando vengono idratati e riscaldati, riprendono immediatamente la loro attività iniziando subito a moltiplicarsi (utilizzando l'ossigeno intrappolato nell'impasto), i lactobacilli hanno tempi di ripresa della loro attività abbastanza lunghi, dell'ordine di qualche ora.
Traiamo quindi la prima considerazione dai nostri ragionamenti.
Se il tempo di fermentazione è breve, diciamo al di sotto delle tre ore, i batteri lattici non hanno il tempo di risvegliarsi e la lievitazione che avviene è totalmente alcoolica, cioè i saccaromiceti, una volta consumato l'ossigeno presente nell'impasto, cominciano a trasformare gli zuccheri in anidride carbonica e alcol.
Se invece il tempo di lievitazione viene prolungato oltre le 3 ore inizia il risveglio dei batteri lattici.
A questo punto entra in ballo la percentuale del lievito di birra.
E' necessario, infatti, per consentire la moltiplicazione dei batteri lattici, che quando essi iniziano a risvegliarsi, esista nell'impasto ancora dell'ossigeno per consentire la lora moltiplicazione.
Se si è utilizzato nell'impasto il quantitativo di lievito di birra che generalmente indicano i ricettari di cucina, cioè un cubetto da 25 g per 500 g di farina pari al 5%, certamente dopo tre ore non esiste più nell'impasto neanche un grammo di ossigeno, anzi l'impasto sarà già in fase conclusiva della fermentazione alcolica; quindi i batteri lattici non hanno alcuna possibilità di moltiplicarsi. In questi casi prolungare la lievitazione anzi è controproducente perché può portare alla liquefazione dell'impasto stesso per eccesso di lievitazione.
Se invece si utilizza, come nel caso in esame, una percentuale di lievito di birra dell'1,5%, o, meglio, ancora meno, e non si effettua la lievitazione a temperatura molto alta, dopo tre ore, al risveglio dei batteri lattici vi sarà ancora dell'ossigeno nell'impasto ed i batteri lattici avranno ancora la possibilità di moltiplicarsi.
Quando poi l'ossigeno si sarà completamente consumato, anche i batteri lattici inizieranno la loro fermentazione che trasforma gli zuccheri in anidride carbonica e acido lattico. Tutto questo, però avviene se si prolunga il tempo di lievitazione ad almeno 7/8 ore.
La presenza di una certa percentuale di fermentazione lattica migliora enormemente la qualità dell'impasto sia sotto l'aspetto della sofficità che sotto l'aspetto del sapore.
Infatti la presenza di acido lattico nell'impasto migliora la elasticità del glutine e consente una alveolature più sviluppata e minuta.
Durante la fase di cottura gli acidi lattici si combinano con l'acol formando dei componenti altamente aromatici che donano profumo all'impasto e riducono il tipico sapore del lievito di birra.
Spero di essere riuscito nel mio intento di spiegare l'essenza dei fenomeni che intervengono senza cadere in tecnicismi troppo esasperati e quindi poco comprensibili per tutti.
Concludo questo mio intervento con una esortazione a tutti quelli che preparano impasti lievitati al lievito di birra.
Utilizzate poco lievito, per me l'ottimale è 1% del peso farina, e lasciate lievitare l'impasto a 22/23°C per almeno 8 ore: incrementerete in maniera drastica la qualità dei vostri lievitati.
Cordiali saluti a tutti.
Giampaolo
Vorrei approfittare di questa constatazione sperimentale per cercare di analizzare quale è l'influenza del tempo di lievitazione negli impasti con lievito di birra e come questo è collegato con la percentuale di lievito utilizzato; nel caso specifico l'amica Mariella M aveva utilizzato una ricetta tratta dal forum Gennarino dove era previsto un utilizzo di lievito al 1,5% rispetto al peso farina.
Tutte le farine, ed in particoare le farine di qualità ad alta forza, contengono al loro interno una certa piccola percentuale di batteri lattici; l'ambiente di una farina è un ambiente abbastanza asciutto, infatti le farine hanno abitualmente un contenuto di umdità del 15%, pertanto questi batteri lattici sono in una condizione semidormiente vale a dire hanno un metabolismo abbastanza rallentato.
Per quanto sopra quando si prepara un impasto con lievito di birra, avremo nell'impasto sia i saccaromiceti cervisiae, provenienti dal lievito di birra, sia batteri lattici.
A questo punto vorrei rammentare che sia i lieviti che i batteri lattici hanno due tipi di metabolismo.
Se si trovano in presenza di ossigeno, cioè in ambiente aerobico, utilizzano gli zuccheri e l'ossigeno per moltiplicarsi.
Se, invece, non vi è ossigeno, cioè si trovano in ambiente anaerobico, fermentano cioè scindono gli zuccheri con produzione di anidride carbonica.
Ora, mentre i saccaromiceti, quando vengono idratati e riscaldati, riprendono immediatamente la loro attività iniziando subito a moltiplicarsi (utilizzando l'ossigeno intrappolato nell'impasto), i lactobacilli hanno tempi di ripresa della loro attività abbastanza lunghi, dell'ordine di qualche ora.
Traiamo quindi la prima considerazione dai nostri ragionamenti.
Se il tempo di fermentazione è breve, diciamo al di sotto delle tre ore, i batteri lattici non hanno il tempo di risvegliarsi e la lievitazione che avviene è totalmente alcoolica, cioè i saccaromiceti, una volta consumato l'ossigeno presente nell'impasto, cominciano a trasformare gli zuccheri in anidride carbonica e alcol.
Se invece il tempo di lievitazione viene prolungato oltre le 3 ore inizia il risveglio dei batteri lattici.
A questo punto entra in ballo la percentuale del lievito di birra.
E' necessario, infatti, per consentire la moltiplicazione dei batteri lattici, che quando essi iniziano a risvegliarsi, esista nell'impasto ancora dell'ossigeno per consentire la lora moltiplicazione.
Se si è utilizzato nell'impasto il quantitativo di lievito di birra che generalmente indicano i ricettari di cucina, cioè un cubetto da 25 g per 500 g di farina pari al 5%, certamente dopo tre ore non esiste più nell'impasto neanche un grammo di ossigeno, anzi l'impasto sarà già in fase conclusiva della fermentazione alcolica; quindi i batteri lattici non hanno alcuna possibilità di moltiplicarsi. In questi casi prolungare la lievitazione anzi è controproducente perché può portare alla liquefazione dell'impasto stesso per eccesso di lievitazione.
Se invece si utilizza, come nel caso in esame, una percentuale di lievito di birra dell'1,5%, o, meglio, ancora meno, e non si effettua la lievitazione a temperatura molto alta, dopo tre ore, al risveglio dei batteri lattici vi sarà ancora dell'ossigeno nell'impasto ed i batteri lattici avranno ancora la possibilità di moltiplicarsi.
Quando poi l'ossigeno si sarà completamente consumato, anche i batteri lattici inizieranno la loro fermentazione che trasforma gli zuccheri in anidride carbonica e acido lattico. Tutto questo, però avviene se si prolunga il tempo di lievitazione ad almeno 7/8 ore.
La presenza di una certa percentuale di fermentazione lattica migliora enormemente la qualità dell'impasto sia sotto l'aspetto della sofficità che sotto l'aspetto del sapore.
Infatti la presenza di acido lattico nell'impasto migliora la elasticità del glutine e consente una alveolature più sviluppata e minuta.
Durante la fase di cottura gli acidi lattici si combinano con l'acol formando dei componenti altamente aromatici che donano profumo all'impasto e riducono il tipico sapore del lievito di birra.
Spero di essere riuscito nel mio intento di spiegare l'essenza dei fenomeni che intervengono senza cadere in tecnicismi troppo esasperati e quindi poco comprensibili per tutti.
Concludo questo mio intervento con una esortazione a tutti quelli che preparano impasti lievitati al lievito di birra.
Utilizzate poco lievito, per me l'ottimale è 1% del peso farina, e lasciate lievitare l'impasto a 22/23°C per almeno 8 ore: incrementerete in maniera drastica la qualità dei vostri lievitati.
Cordiali saluti a tutti.
Giampaolo
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