X
 
  • Filtro
  • Ora
  • Visualizza
Elimina tutto
nuovi messaggi

  • pane simil-pugliese (di semola di grano duro) con pasta madre

    Clicca qui per la versione semplificata (con metodo diretto)


    Per questa produzione ringrazio Salvatore, l'autore di questo splendido pane, per avermi fornito l'ispirazione.
    Ringrazio inoltre Aldo Bongiovanni per il suggerimento, dato da qualche parte sul suo blog, di abbinare la pasta madre essiccata attiva Bongiovanni con altri ingredienti normalmente usati come starters per la pasta madre al fine di conferire ai nostri lievitati una pluralità di aromi. Quel prodotto però va bene così! La prossima volta la userà tal quale perché il pane aveva un sapore particolare, molto aromatico, molto piacevole per me e mia madre ma non graditissimo a mio fratello (che però se lo è spazzolato lo stesso, con speck Alto Adige IGP e con Nutella). O magari userà lo yogurt e non il miele perché mi sa che era quest'ultimo (di eucalipto: in casa mi era rimasto solo quello) il responsabile di quel particolare sapore. C'era anche un retrogusto, pure gradevole, che invece ho collegato all'odore della pasta madre. Meglio cambiare una variabile alla volta per ricondurre con certezza i vari fenomeni.

    Ingredienti
    - 500 grammi di semola rimacinata di grano duro idonea per la panificazione (W ≥200; io ho usato la Divella*)
    - acqua fresca prelevata dal rubinetto al 60% sul totale degli ingredienti solidi, compresi quelli del poolish
    - 10 grammi di sale marino (unica variazione rispetto alla ricetta ispiratrice, che ne prevede 9, ma la prossima volta salgo ancora, considerando il 2% sul totale degli ingredienti solidi, compresi quelli del poolish)
    Agli ingredienti di cui sopra va aggiunto un poolish fatto con pasta acida in una quantità variabile in funzione della sua capacità fermentativa e del livello di acidità , adeguando l'idratazione di conseguenza (cioè l'acqua che andrà aggiunta all'impasto finale andrà regolata considerando come linea guida la proporzione del 60% sul totale degli ingredienti solidi). Io ho usato per la prima volta, evidentemente con buoni risultati, la pasta acida di farro essiccata attiva Bongiovanni.

    Tempi
    Fermentazione del poolish: ca. 10 ore
    Impasto: 4-5 minuti intervallati da un riposo di 20-30 minuti per autolisi
    Riposo in frigo: 12 ore (a non più di 5 °C)
    Lievitazione: 11-12 ore a temperatura ambiente di 16-17 °C (d'estate basteranno 8 ore e occorrerà prolungare il riposo in frigo, possibilmente sotto i 5 °C, per la maturazione)
    Cottura: circa 50 minuti (+ il preriscaldamento del forno)

    Poolish
    Questo passaggio può essere saltato se la vostra pasta acida è già liquida. In questo caso dovete semplicemente prelevarne la quantità necessaria, rinfrescarla e lasciarla fermentare una decina di ore (magari effettuando un secondo rinfresco a metà ciclo).
    Se la vosta pastra madre invece è solida, ne liqueferete un pezzo, sciogliendolo in acqua pari alla metà del suo peso, la rinfrescherete dopo 4-5 ore e la lascerete fermentare per altre 4-5 ore.
    Nel mio caso la pasta acida era in polvere, per cui ho proceduto nel modo seguente.
    Mercoledì 9 dicembre ho preparato una pastella con 50 grammi del prodotto, 54 grammi d'acqua (N.B.: questa pasta acida è costituita in massima parte da microrganismi termoresistenti e viene disidratata quando è ancora attiva. Pertanto può essere gestita, tranne che per le quantità , come del lievito di birra liofilizzato, cioè riattivata in acqua o addirittura direttamente miscelata alla farina. Io ho preferito fare un preimpasto per verificare l'attività del prodotto – era la prima volta che lo usavo –, per apportarvi altri fermenti e per le ragioni per cui normalmente si fanno i preimpasti), 12 grammi residui da un impasto di pizza fatto nella serata del precedente venerdì (3 dicembre) e consumato l'indomani sera (da allora il riporto era stato conservato in frigo)**, la manciata di farina che era nel contenitore in cui era riposta questa pallina di riporto (saranno stati sì e no 5 grammi di farina) e mezzo cucchiaio abbondante di miele di eucalipto dell'apicoltura San Pietro (situata nel Cilento). Il tutto in una brocca graduata. Erano le ore 12:38 quando avevo terminato di chiudere questa brocca con della pellicola per alimenti. L'ho portata nel mobile sotto al televisore.
    Poco dopo le 17 ho rinfrescato il poolish con 20 grammi di farina 0 per pizze e focacce Sma Auchan prodotta da Alimonti, 24 grammi di latte fresco parzialmente scremato e 10 grammi di yogurt da latte parzialmente scremato al naturale (Milbona nella variante all'1.5% di grassi). La sua consistenza è rimasta quella di una pastella (la farina di farro è molto assorbente). Alle 17:42 ho richiuso la brocca e l'ho rimessa dove stava.
    L'indomani mattina alle 7:59 il poolish, che originariamente aveva un volume al di sotto della prima tacca della brocca (200 millilitri), aveva superato la seconda tacca (300 millilitri), e in superficie aveva molti buchetti e qualche bolla.

    Impasto
    Ho fatto due conti per calcolare l'idratazione del poolish deducendo di dovere aggiungere 285 grammi di acqua.
    Alle 9:52 ho cominciato, centrifugando tutta l'acqua di cui sopra nel poolish per qualche istante con una monofrusta elettrica (attrezzo frusta agganciato su un frullatore a immersione) al fine di incorporarvi aria.
    Dalle 10:04 alle 10:06 ho impastato con la macchina del pane il poolish con la semola rimacinata e ho lasciati l'impasto risultante a riposare per far compiere un po' di autolisi. Alle 10:39 ho aggiunto il sale e altri 10 grammi d'acqua (non previsti, ma l'impasto li richiedeva) e ho impastato fino alle 10:41: si era già incordato dopo forse nemmeno un minuto (non è bene andare troppo oltre l'incordamento in quanto il glutine si potrebbe snervare. Se avete a disposizione la scheda tecnica della semola che state utilizzando, regolatevi sulla base della stabilità ).
    Ho introdotto la palla in un contenitore di plastica quadrato da 2.5 litri spolverato sul fondo di semola rimacinata, l'ho tappato e alle 11 l'ho messo in frigorifero.
    Alle ore 23, cioè dopo 12 ore, ho messo il contenitore fuori dal frigorifero. Dopo circa mezz'ora ho messo in forma l'impasto, ci ho praticato sopra un taglio a croce (più che altro per controllare visivamente il livello di lievitazione) e l'ho messo a lievitare in una zuppiera con un coperchio d'acciaio.

    Cottura (in forno elettrico ventilato da 24 litri)
    Alle 10:04 ho acceso il forno al massimo (>250 °C) con una terrina d'acqua. Più tardi, siccome nella terracotta l'acqua non arrivava mai a ebollizione, l'ho sostituita con una teglietta, in cui ho messo l'acqua preriscaldata sul fuoco onde evitare un raffreddamento del forno.
    Alle 11:10 ho messo il pane in una teglia a circa metà forno. Dopo due minuti ho abbassato il termostato a 240 °C. Alle 11:25 ho tolto la teglietta con l'acqua, ho posizionato il termostato a 200 °C e ho lasciato il forno «in fessura».
    Alle 11:52 ho spento la resistenza superiore del forno e alle 11:55 ho spento. Ho aperto il forno completamente e ci ho lasciato il pane per altri cinque minuti. Infine l'ho tirato fuori... ed eccolo qua:



    Sorprendente come è cresciuto in forno, arrivando forse a triplicare il volume iniziale. Avrei solo preferito una crosta più spessa (la prossima volta cuocerà con vapore per meno tempo); l'alveolatura non è irregolare come quella di Salvatore (tatino di Panperfocaccia) ma in compenso mi sembra quella tipica del pane di Altamura (il che mi viene confermato dal disciplinare DOP relativo all'articolo 7).
    Il colore della mollica è più tendente al giallo rispetto a quella del pane prodotto da tatino; a parziale riforma di quanto a suo tempo scritto su Panperfocaccia, direi che il suo sembra più tendente al grigio a causa dell'illuminazione e/o dell'apparecchio fotografico, perché abbiamo usato semola rimacinata della stessa marca (e, come tutti gli sfarinati Divella, si tratta di un prodotto di qualità costante; la relativa scheda tecnica, che include anche il colore alias indice di giallo, è pubblicata sul sito ufficiale dell'azienda, qui).
    Alla sera era identico a com'era all'ora di pranzo; non aveva nemmeno perso nella croccantezza della crosta. Purtroppo non ne è avanzato nemmeno un pezzetto per oggi, mentre c'è il pane comprato di due e tre giorni fa che ancora giace nella dispensa, ormai assolutamente immangiabile...


    ____
    * va bene anche la semola non rimacinata Voiello. Come indicazione di massima per la scelta si tenga presente che le semole rimacinate prodotte in Puglia e Sicilia (i maggiori produttori sono Tandoi, Corato, e Mininni, Altamura, anche sotto marchi di terzi, tra cui una cooperativa emiliana, Progeo, che commercializza sul segmento consumer attraverso il marchio "Tre grazie"), in ragione dell'uso cui la semola rimacinata è largamente destinata in queste regioni, sono generalmente adatte per panificazione. Da qualche anno vengono coltivati grani duri anche in Emilia, ma non sono grani duri da panificazione. Purtroppo con il recente passaggio della semola Coop dalla linea bio-logici alla nuova Vivi verde (che riunisce le precedenti linee bio-logici ed eco-logici), e conseguente restyling del packaging, è cambiato anche il fornitore, che è uno della provincia di Ferrara se non sbaglio e non più il precedente beneventano pastificio Rummo, che a sua volta se la procurava da Tandoi (in sostanza Tandoi la produceva, veniva confezionata nei sacchetti Coop e poi, in virtù dei contratti in essere tra il Coop Italia e Rummo, quest'ultima la distribuiva alle cooperativa del consorzio). Il precedente prodotto era ottimo, mentre non posso pronunciarmi su quello attuale. Stando ai dati che mi hanno fornito, poi (oltre a Mininni, Voiello e la stessa Divella), dovrebbero raggiungere livelli d'eccellenza la De Cecco e la Granoro. Tandoi produce sotto innumerevoli marchi; anche la neonata semola rimacinata Barilla (prodotto di recente comparsa sul mercato, non ancora inserito sul sito, come pure la nuova farina tipo 0 per pane rustico e focaccia e la nuova farina di grano tenero integrale) mi pare sia prodotta da Tandoi.
    Il pane in oggetto è realizzabile anche con semolato rimacinato oppure farina di grano duro (ammesso che ne troviate una di forza sufficiente; normalmente hanno valori W indecenti, per usare un eufemismo), ma non credo che il risultato sia uguale.

    ** ho buone ragioni di ritenere che i saccaromiceti contenuti in questo piccolissimo riporto fossero oramai morti, dunque il pane è da considerarsi fatto con sola pasta madre. Comunque nell'impasto era stato utilizzato meno dello 0.1% di lievito di birra secco in polvere, il che significa poco più di 1 milligrammo in 12 grammi, quantità assolutamente trascurabile. Irrilevante anche il sale, al di sotto di un quarto di grammo.
    Ultima modifica di afragolese; 22/12/2009, 12:36.
    Francesco

  • #2
    Bel pane. Tranne che per il colore è identico a quello che ho fatto la settimana scorsa usando una sequenza di 3 rinfreschi con stesso peso di lievito, acqua e semola rimacinata.
    Non stento a credere che sia ottimo, perché lo è anche il mio. Devo però correggerti sul pane di Matera: ha un'alveolatura talmente pronunciata (ha dei "buconi" enormi) da non essere confrontabile a quello che otteniamo in casa, anche perché viene cotto in forni a legna dove si raggiungono temperature che nei forni di casa non sono ottenibili.

    Un'ultima cosa riguardo al miele: l'unica volta che ho usato il miele di eucalipto in un prodotto cotto ho ottenuto un "dolce" talmente amaro da essere immangiabile. Per caso il retrogusto che hai avvertito era amaro?
    Brancolo nel burro.

    file excel con le ricette dei grandi lievitati: http://dl.dropbox.com/u/69660061/lievitati.xls


    Commenta


    • #3
      Pubblicato originariamente da nicodvb Visualizza il messaggio
      Bel pane. Tranne che per il colore è identico a quello che ho fatto la settimana scorsa usando una sequenza di 3 rinfreschi con stesso peso di lievito, acqua e semola rimacinata.
      Marca della semola rimacinata?

      Pubblicato originariamente da nicodvb
      Devo però correggerti sul pane di Matera: ha un'alveolatura talmente pronunciata (ha dei "buconi" enormi) da
      ...da esserti antipatico
      In realtà pensavo fosse simile a quello di Altamura (vado a correggere). In passato ne ho comprato uno, confezionato, che veniva proprio da lì e ricordo che avesse un'alveolatura più sottile e regolare di questo. Non mi piacque per niente; era 'moscio' e aveva la mollica non compatta e morbida ma friabile, cioè che si disgregava. Questo come consistenza assomiglia a una brioche; è simile a un pane di semola che compravo a Bologna (se non sbaglio all'IperCoop Lame), che era l'unico pane decente che trovavo in città , a parte che ha la crosta più croccante.
      Che dici, se lo faccio con la biga l'alveolatura cambia? GPMari ultimamente ha detto che la densità del preimpasto non fa la differenza, ma in Rete trovo informazioni discordanti al riguardo (anche contraddizioni interne agli stessi autori – ad alcuni dei quali è peraltro attribuita una certa autorevolezza – di cui forse abbiamo parlato in privato).

      Pubblicato originariamente da nicodvb
      non essere confrontabile a quello che otteniamo in casa, anche perché viene cotto in forni a legna dove si raggiungono temperature che nei forni di casa non sono ottenibili.
      Anche questo influisce sull'alveolatura? Comunque non credo che si tratti delle temperature della pizza, e con una pietra refrattaria a 300-350 °C si riesce ad arrivare.

      Pubblicato originariamente da nicodvb
      Un'ultima cosa riguardo al miele: l'unica volta che ho usato il miele di eucalipto in un prodotto cotto ho ottenuto un "dolce" talmente amaro da essere immangiabile. Per caso il retrogusto che hai avvertito era amaro?
      Descrivere i sapori di questo pane non è molto semplice. Ho avvertito come tre aromi in successione, uno dei quali mi pareva vagamente dolciastro e apriva la strada a un retrogusto finale che mi ricordava l'odore del poolish (il quale a sua volta mi ricordava la pasta madre appena uscita dal sacchetto). Il miele di eucalipto in questione, dell'apicoltura San Pietro di Castellabate, non è amaro; lo sto usando da quando l'ho comprato quasi ogni mattina per dolcificare il caffelatte. Altri che ho provato erano diversi per consistenza (questo stranamente cristallizza poco, eppure gli unici mieli che di solito si trovano cristallizzati già sullo scaffale di vendita sono quelli di agrumi, arancio in particolare, e quelli di eucalipto) e sapore, ma mai amari; a mia madre ricordavano le caramelle mou (ovvero toffee o toffèe). L'unico miele tremendamente amaro che abbia mai assaggiato è stato quello di castagno che comprai da bambino nella bottega del santuario di San Francesco in Assisi, prodotto credo proprio dai frati, che mi attirà in quanto il più scuro di tutti, praticamente nero. Ne rimasi cotanto shockato che non ho mai più voluto assaggiare del miele di castagno in vita mia; pensa che una mia zia ne compra a chili interi direttamente presso un'apicoltrice di Belmonte Calabro (tale Ida Pucci se non ricordo male)...
      Ultima modifica di afragolese; 12/12/2009, 23:57.
      Francesco

      Commenta


      • #4
        Pubblicato originariamente da afragolese Visualizza il messaggio
        Marca della semola rimacinata?
        Mininni

        ...da esserti antipatico
        sì, per l'alveolatura e per la forma "cappello di prete" è intollerabile e ingestibile, ma il sapore è davvero eccezionale, il mio preferito dopo quello di segale

        In realtà pensavo fosse simile a quello di Altamura. In passato ne ho comprato uno, confezionato, che veniva proprio da lì e ricordo che avesse un'alveolatura più sottile e regolare di questo. Non mi piacque per niente; era 'moscio' e aveva la mollica non compatta e morbida ma friabile, cioè che si disgregava. Questo come consistenza assomiglia a una brioche; è simile a un pane di semola che compravo a Bologna (se non sbaglio all'IperCoop Lame), che era l'unico pane decente che trovavo in città , a parte che ha la crosta più croccante.
        forse era conservato male. Quello che mi porta il mio amico di Matera è molto diverso

        Anche questo influisce sull'alveolatura? Comunque non credo che si tratti delle temperature della pizza, e con una pietra refrattaria a 300-350 °C si riesce ad arrivare.
        sì, anche sull'alveolatura perché la botta di calore iniziale lo fa crescere a dismisura. Tra l'altro questo conferma che la forza di quella semola deve essere davvero notevole, o non reggerebbe un'espansione di quel genere

        Descrivere i sapori di questo pane non è molto semplice. Ho avvertito come tre aromi in successione, uno dei quali mi pareva vagamente dolciastro e apriva la strada a un retrogusto finale che mi ricordava l'odore del poolish (il quale a sua volta mi ricordava la pasta madre appena uscita dal sacchetto). Il miele di eucalipto in questione, dell'apicoltura San Pietro di Castellabate, non è amaro; lo sto usando da quando l'ho comprato quasi ogni mattina per dolcificare il caffelatte. Altri che ho provato erano diversi per consistenza (questo stranamente cristallizza poco, eppure gli unici mieli che di solito si trovano cristallizzati già sullo scaffale di vendita sono quelli di agrumi, arancio in particolare, e quelli di eucalipto) e sapore, ma mai amari; a mia madre ricordavano le caramelle mou (ovvero toffee o toffèe). L'unico miele tremendamente amaro che abbia mai assaggiato è stato quello di castagno che comprai da bambino nella bottega del santuario di San Francesco in Assisi, prodotto credo proprio dai frati, che mi attirà in quanto il più scuro di tutti, praticamente nero. Ne rimasi cotanto shockato che non ho mai più voluto assaggiare del miele di castagno in vita mia; pensa che una mia zia ne compra a chili interi direttamente presso un'apicoltrice di Belmonte Calabro (tale Ida Pucci se non ricordo male)...
        uhmmmm. Io adoro il miele di castagno (dopo quello di melata e di erba medica è il mio preferito) e l'ho preso di diverse marche, ma non ricordo di averlo mai trovato così amaro e scuro come lo descrivi: ha un colore ambra scuro, ma non nero. Forse ti hanno spacciato per miele di castagno un miele di altro tipo.
        Brancolo nel burro.

        file excel con le ricette dei grandi lievitati: http://dl.dropbox.com/u/69660061/lievitati.xls


        Commenta


        • #5
          Pubblicato originariamente da nicodvb Visualizza il messaggio
          Mininni]
          E allora... Ã? prodotta ad Altamura e destinata principalmente a panificatori del loco!
          Puoi provare a descrivere la differenza di colore?

          Pubblicato originariamente da nicodvb
          sì, per l'alveolatura e per la forma "cappello di prete" è intollerabile e ingestibile,
          Non parlavo di odio rispetto al farlo, ma rispetto al mangiarlo. So che a te i lievitati molto alveolati non piacciono.
          Quanto alla forma, ho giusto finito di leggere il disciplinare del pane di Altamura DOP (l'ho anche linkato nel post iniziale), che pure prevede la forma a cappello di prete, e devo dire che non mi sembra difficilissimo riprodurla, almeno stando alla lettera del documento, che parla di capovolgimento della pagnotta e leggera pressione delle mani.

          Pubblicato originariamente da nicodvb
          forse era conservato male.
          Lo credo anch'io, ma mica una cattiva conservazione restringe gli alveoli...

          Pubblicato originariamente da nicodvb
          sì, anche sull'alveolatura perché la botta di calore iniziale lo fa crescere a dismisura. Tra l'altro questo conferma che la forza di quella semola deve essere davvero notevole, o non reggerebbe un'espansione di quel genere
          Beh, in cottura ad alte temperature l'afflosciamento è difficile anche per altri motivi, comunque le semole ad esser forti son forti, infatti a me fanno ridere quelle aziende molitorie tosco-padane che mi rispondono che il valore W per le semole è incalcolabile, se non addirittura che i grani duri non hanno attitudini panificatorie. In Puglia credo che non si sia mai vista una semola rimacinata con un valore W inferiore a 200, e tra le semole rimacinate meridionali e siciliane che si trovano nella grande distribuzione ce ne sono alcune che arrivano anche al 230 (il che è il massimo raggiungibile per i grani duri). Certo, vengono pure fatte pagare un bel po' (anche ben oltre 1 euro al chilo), ma non hanno niente a che fare con della robaccia prodotta in Emilia o in Veneto, dove anche le stesse varietà di grano duro coltivate in Puglia non rendono allo stesso modo, evidentemente a causa del clima. I grani duri producono solo un glutine corto a causa di rapporti tra glutenina e gliadina non equilibrati, e questo li rende inadatti a produrre ad esempio pizze (quando si prova ad allargare il disco questo tende a ritrarsi), ma è la stessa caratteristica per cui rendono pani molto gonfi, cioè alti più che larghi (il glutine è corto ma è anche molto tenace, per cui l'impasto non si rilassa anche dopo lunghe lievitazioni ' che metterebbero a dura prova farine di grano tenero con gli stessi valori W ' durante le quali l'anidride carbonica prodotta riesce solo a farlo alzare ma non allargare. Il cedimento della maglia glutinica se la lievitazione è molto lenta non avviene e il pane mantiene la forma).

          Pubblicato originariamente da nicodvb
          uhmmmm. Io adoro il miele di castagno (dopo quello di melata e di erba medica è il mio preferito) e l'ho preso di diverse marche, ma non ricordo di averlo mai trovato così amaro e scuro come lo descrivi: ha un colore ambra scuro, ma non nero. Forse ti hanno spacciato per miele di castagno un miele di altro tipo.
          Infatti il miele di castagno che porta mia zia dalla Calabria non è così scuro e non ha neanche quell'odore così pungente che ho nel mio ricordo, che potrebbe solo essere ingigantito a causa del trauma infantile (però mia madre se lo ricorda nello stesso modo). L'unica possibilità di chiarirmi le idee sarebbe quella di tornare ad Assisi...
          Francesco

          Commenta

          Operazioni in corso..
          X