Vivo in un luogo strano, dove la gente va in vacanza dove più verde non si può, dove è bello passeggiare nel bosco, specie d'autunno e sentire il crepitio delle foglie secche sotto i piedi. Eppure, due anni fa di fronte a me hanno ucciso un noce secolare in perfetta salute; pochi passi più in là hanno ucciso un salice piangente ultracentenario, con fronde piene e meravigliose persino d'inverno, quando le foglie non ci sono più e i rami si colorano d'oro contrastando il biancore della neve circostante. Il motivo di tali delitti? Le foglie secche. Le foglie che cadono, che sporcano, che bisogna raccogliere, aspirare, soffiare via, spazzare, insaccare. Le foglie che lasciate lì da me ogni primavera sono humus prezioso per i miei alberi e fiori, per i lombrichi che mantengono il terreno fresco, ricco e soffice, che comunque macerano da sole per terra o nel compost e si uniscono al terreno con la prima spalata di neve. Gli alberi che son rifugio alle infinite specie di volatili che allietano le mie giornate col loro canto, i loro colori, il loro essere sempre timorosi dell'uomo, ma non scappano più lontano se ci vedono in giro. Gli alberi generosi che offrono rametti a profusione per costruire nidi in primavera e riparo per il sonno invernale ai ricci in autunno, che proteggono le strade e i tetti dal vento quando spira cattivo e minaccioso. Gli alberi con la voce che quando spira il vento cantano come le onde del mare. Però le foglie, queste fastidiosissime foglie....
Ieri ne hanno ucciso un altro, il secondo, a dire il vero, attaccato al mio confine. Un belllissimo abete azzurro, enorme, in salute e sontuoso, casa di chissà quanti nidi attualmente abitati, rifugio di un picchio rosso che non si sa come sia arrivato in città, sfondo immancabile dei miei panorami innevati. Non dava fastidio a nessuno, anzi, decorava un giardino sterile di gente che ogni tre mesi cambia piante perché non riesce mai a farle sopravvivere due stagioni. Ma loro sono fanatici dello sterile, squadrato, senza foglie che soffiano via anche in estate (e che alla prima folata tornano indietro). Loro tagliano anche nel mio giardino, arrogantemente quando non possiamo vederli e per di più lanciano i rami tagliati oltre la siepe, la loro siepe che dal lato loro è distante millimetri dalla staccionata e che dal lato mio lasciano crescere selvaggiamente. Siepe oltretutto malata, portatrice di funghi nocivi per altre piante. Ora al posto di quell'abete c'è un enorme vuoto, un buco di nulla, un vuoto di polvere e niente più. Neanche perdeva le foglie, l'abete, era solo tanto tanto generoso. Ucciso, come gli altri, controlegge. E io non posso reagire, per norma del quieto vivere di fronte a gente stupida e dispettosa. Assassini, vi auguro un giorno di crepare colpiti dal ramo gigante di un ficus secolare, magari mentre siete in vacanza a far finta di essere amanti della natura. Ho una rabbia infinita, il mio giardino si vendicherà: il mio noce, i noccioli e gli aceri crescono sempre più rigogliosi, le betulle puntano al cielo e regalano pioggia di capelli verdi. Provo anche a piantare un albero del pepe. Vendetta, in autunno ci sarà vendetta.
Ciao abete blu, al prossimo Natale non ti potrò fotografare più.
abeteblu7.JPG
Ieri ne hanno ucciso un altro, il secondo, a dire il vero, attaccato al mio confine. Un belllissimo abete azzurro, enorme, in salute e sontuoso, casa di chissà quanti nidi attualmente abitati, rifugio di un picchio rosso che non si sa come sia arrivato in città, sfondo immancabile dei miei panorami innevati. Non dava fastidio a nessuno, anzi, decorava un giardino sterile di gente che ogni tre mesi cambia piante perché non riesce mai a farle sopravvivere due stagioni. Ma loro sono fanatici dello sterile, squadrato, senza foglie che soffiano via anche in estate (e che alla prima folata tornano indietro). Loro tagliano anche nel mio giardino, arrogantemente quando non possiamo vederli e per di più lanciano i rami tagliati oltre la siepe, la loro siepe che dal lato loro è distante millimetri dalla staccionata e che dal lato mio lasciano crescere selvaggiamente. Siepe oltretutto malata, portatrice di funghi nocivi per altre piante. Ora al posto di quell'abete c'è un enorme vuoto, un buco di nulla, un vuoto di polvere e niente più. Neanche perdeva le foglie, l'abete, era solo tanto tanto generoso. Ucciso, come gli altri, controlegge. E io non posso reagire, per norma del quieto vivere di fronte a gente stupida e dispettosa. Assassini, vi auguro un giorno di crepare colpiti dal ramo gigante di un ficus secolare, magari mentre siete in vacanza a far finta di essere amanti della natura. Ho una rabbia infinita, il mio giardino si vendicherà: il mio noce, i noccioli e gli aceri crescono sempre più rigogliosi, le betulle puntano al cielo e regalano pioggia di capelli verdi. Provo anche a piantare un albero del pepe. Vendetta, in autunno ci sarà vendetta.
Ciao abete blu, al prossimo Natale non ti potrò fotografare più.
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