Fuori c'è una bellissima giornata di sole. Mi pare sia il primo di quest'anno che vedo cosi lucido e luminoso. E spero sia di buon augurio per l'arrivo di questa signora Primavera che, con il passare degli anni, attendo con sempre maggiore impazienza.
Era molto diversa la giornata, sabato scorso. Non ci siamo fatte mancare nulla. Pioggia, un vento fastidioso e noioso, un'uggia insopportabile che però non è bastata a tenerci inchiodate a casa, a snocciolare ore di malinconica attesa del bello.
La voglia di testare l'imbuto era oltremodo spasmodica. Io sono un po" negata con questi attrezzi senza meccanica moderna e anche per questo la cosa mi intrigava e non poco. Chi usa mai un imbuto oggi per fare la frittura? Direi pochi in tempo di sac à poche e beccucci ultramoderni. Tanto che ,giusto per non farmelo sfuggire, mi sta addirittura arrivando da Sassari...
Insomma, pur a ranghi ridotti per l'assenza di Mariella, ad Oristano da Maricla ci siamo alla fine arrivate. Uno dei motivi che mi hanno spinto è che dovevo ritirarmi qualche regalino: stampo per ferratelle, completino chic da pasticciera fashion che non mancherà di indossare in qualche circostanza di tendenza...

Una delle cose che mi sono piaciute di più è la storia Oristanese sulla nascita della frittura.
L'impasto è "povero": farina, latte, scorza d'arancia, il suo succo, acqua....Non ci sono uova e non c'è zucchero. Tutto questo perché ,Maricla ha spiegato, l'impasto nasceva dal desiderio dei bambini di avere una sorta di "dolce" quando a casa si impastava il pane. Allora, si toglieva un po" di impasto, si lavorava con latte e aromi e lo si allungava fino a poter formare dei nastri da far rotolare dopo nello zucchero.
Non male, come idae, vero?
La ricetta è quella che Maricla ha già scritto.
Il procedimento è un po" lungo purtroppo, e non riesco a inserire le immagini facilmente, provo domani se la linea è più libera, per farvi vedere anche le varie fasi.
Comunque la ricetta delle nostre zippole è questa:
1 kg: di semola di grano duro,
circa 100 gr di farina 00, impastare tutto con dell'acqua tiepida dove avrete sciolto
un cucchiaino di sale, come una pasta di pane,
lavorare bene, ma bene, poi piano piano aggiungere l'acqua sino ad ammorbidire la pasta,
aggiungere latte tiepido,
la buccia e il succo di 2 arance grattuggiate,
20 gr di lievito di birra sciolto,
un bicchierino di fileferru,
tutto questo sempre molto lentamente senza strappare le pasta, girando sempre nello stesso verso,altrimenti la pasta perde il filo e non si allunga, deve raggiungere infine la consistenza di una pastella per farla passare agilmente attraverso l'imbuto apposito, vedete
raggiunta la fluidità necessaria si lascia lievitare sino a quando non iniziano le bollicine, poi si friggono e si zuccherano e poi se ancora ne avete voglia dopo tutto questo lavoro
si mangiano.
E credo che adesso, queste righe vadano spiegate da chi le ha viste realizzarsi. Perchè altrimenti la vedo difficile ....E' proprio vero che i gesti hanno da vedersi...almeno, da chi non ha dimestichezza con questo tipo di lavorazione.Come me.
Cominciamo?
Claro que si.
Prima cosa. Maricla impasta tutto a mano. Io imbuto-munita mi tenterà l'esperimento avec ma machine, la KW ,perché la Bionda ha giustamente osservato che in fin dei conti la pate à baba non è molto-molto dissimile. Come lavorazione, almeno.

Questo è l'inizio. 1° Movimento.
La farina di grano duro e la 00 vengono impastate con acqua tiepida come a formare un impasto da pane. Nulla da segnalare: impastate aggiungendo piano l'acqua finché l'impasto sembra un impasto da pane che poi diventa un impasto tipo da pizza, morbido ed elastico.

Secondo movimento:
Impasto lavorato" spongiau": che vuol dire?
Vuol dire che man mano che si aggiunge l'acqua, l'impasto diventa morbidissimo, si attacca un po' alle mani e allora occorre mettere le mani chiuse a pugno e alternativamente, prima da destra e poi a sinistra, si affondano i pugni. Un pugno con la mano destra che affonda nella pasta, si toglie e si affonda il pugno della mano sinistra.
Questo movimento si fa durante la lavorazione del pane, per esempio. La ormai fase del "su spongiamentu".
Mitica da noi la frase: Dasi spongiau beni?...L'hai "spongiato" bene?. Intraducibile....

Ecco il terzo movimento....
Sciogliere il lievito in una ciotolina d'acua. Aggiungerlo piano a poco a poco sulla superficie dell'impasto e poi, un po" "spongiando" farglielo assorbire. Le mani sollevano la pasta e la rimboccano, come se fosse una coperta da rimboccare agli angoli.

Quarto movimento:
Questo movimento interviene subito dopo: occorre sollevare un lembo di pasta iniziando da destra, tirarlo verso l'alto , verso la nostra faccia e farlo ricadere sull'impasto. A mà di schiaffo. Un movimento forte, potente e continuo. Insomma, un minimo di fatica si fa ma se si pensa alla fine da raggiungere, ci si da carica.
Come un film......A breve la seconda puntata.
Non mancate!!
OPS: Ovviamente le sardinian sisters , con Maricla in primis, sono pregate di apportare le correzioni alla mia memoria stanca e provata.....che io modifico in bella copia...
Era molto diversa la giornata, sabato scorso. Non ci siamo fatte mancare nulla. Pioggia, un vento fastidioso e noioso, un'uggia insopportabile che però non è bastata a tenerci inchiodate a casa, a snocciolare ore di malinconica attesa del bello.
La voglia di testare l'imbuto era oltremodo spasmodica. Io sono un po" negata con questi attrezzi senza meccanica moderna e anche per questo la cosa mi intrigava e non poco. Chi usa mai un imbuto oggi per fare la frittura? Direi pochi in tempo di sac à poche e beccucci ultramoderni. Tanto che ,giusto per non farmelo sfuggire, mi sta addirittura arrivando da Sassari...
Insomma, pur a ranghi ridotti per l'assenza di Mariella, ad Oristano da Maricla ci siamo alla fine arrivate. Uno dei motivi che mi hanno spinto è che dovevo ritirarmi qualche regalino: stampo per ferratelle, completino chic da pasticciera fashion che non mancherà di indossare in qualche circostanza di tendenza...

Una delle cose che mi sono piaciute di più è la storia Oristanese sulla nascita della frittura.
L'impasto è "povero": farina, latte, scorza d'arancia, il suo succo, acqua....Non ci sono uova e non c'è zucchero. Tutto questo perché ,Maricla ha spiegato, l'impasto nasceva dal desiderio dei bambini di avere una sorta di "dolce" quando a casa si impastava il pane. Allora, si toglieva un po" di impasto, si lavorava con latte e aromi e lo si allungava fino a poter formare dei nastri da far rotolare dopo nello zucchero.
Non male, come idae, vero?
La ricetta è quella che Maricla ha già scritto.
Il procedimento è un po" lungo purtroppo, e non riesco a inserire le immagini facilmente, provo domani se la linea è più libera, per farvi vedere anche le varie fasi.
Comunque la ricetta delle nostre zippole è questa:
1 kg: di semola di grano duro,
circa 100 gr di farina 00, impastare tutto con dell'acqua tiepida dove avrete sciolto
un cucchiaino di sale, come una pasta di pane,
lavorare bene, ma bene, poi piano piano aggiungere l'acqua sino ad ammorbidire la pasta,
aggiungere latte tiepido,
la buccia e il succo di 2 arance grattuggiate,
20 gr di lievito di birra sciolto,
un bicchierino di fileferru,
tutto questo sempre molto lentamente senza strappare le pasta, girando sempre nello stesso verso,altrimenti la pasta perde il filo e non si allunga, deve raggiungere infine la consistenza di una pastella per farla passare agilmente attraverso l'imbuto apposito, vedete
raggiunta la fluidità necessaria si lascia lievitare sino a quando non iniziano le bollicine, poi si friggono e si zuccherano e poi se ancora ne avete voglia dopo tutto questo lavoro
si mangiano.
E credo che adesso, queste righe vadano spiegate da chi le ha viste realizzarsi. Perchè altrimenti la vedo difficile ....E' proprio vero che i gesti hanno da vedersi...almeno, da chi non ha dimestichezza con questo tipo di lavorazione.Come me.
Cominciamo?
Claro que si.
Prima cosa. Maricla impasta tutto a mano. Io imbuto-munita mi tenterà l'esperimento avec ma machine, la KW ,perché la Bionda ha giustamente osservato che in fin dei conti la pate à baba non è molto-molto dissimile. Come lavorazione, almeno.

Questo è l'inizio. 1° Movimento.
La farina di grano duro e la 00 vengono impastate con acqua tiepida come a formare un impasto da pane. Nulla da segnalare: impastate aggiungendo piano l'acqua finché l'impasto sembra un impasto da pane che poi diventa un impasto tipo da pizza, morbido ed elastico.

Secondo movimento:
Impasto lavorato" spongiau": che vuol dire?
Vuol dire che man mano che si aggiunge l'acqua, l'impasto diventa morbidissimo, si attacca un po' alle mani e allora occorre mettere le mani chiuse a pugno e alternativamente, prima da destra e poi a sinistra, si affondano i pugni. Un pugno con la mano destra che affonda nella pasta, si toglie e si affonda il pugno della mano sinistra.
Questo movimento si fa durante la lavorazione del pane, per esempio. La ormai fase del "su spongiamentu".
Mitica da noi la frase: Dasi spongiau beni?...L'hai "spongiato" bene?. Intraducibile....

Ecco il terzo movimento....
Sciogliere il lievito in una ciotolina d'acua. Aggiungerlo piano a poco a poco sulla superficie dell'impasto e poi, un po" "spongiando" farglielo assorbire. Le mani sollevano la pasta e la rimboccano, come se fosse una coperta da rimboccare agli angoli.

Quarto movimento:
Questo movimento interviene subito dopo: occorre sollevare un lembo di pasta iniziando da destra, tirarlo verso l'alto , verso la nostra faccia e farlo ricadere sull'impasto. A mà di schiaffo. Un movimento forte, potente e continuo. Insomma, un minimo di fatica si fa ma se si pensa alla fine da raggiungere, ci si da carica.
Come un film......A breve la seconda puntata.
Non mancate!!
OPS: Ovviamente le sardinian sisters , con Maricla in primis, sono pregate di apportare le correzioni alla mia memoria stanca e provata.....che io modifico in bella copia...
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