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  • #16
    TORTA DI RISO O DEGLI ADDOBBI

    E' un dolce tipico bolognese ed ha origini antichissime. La Festa degli Addobbi è una festa a cadenza decennale delle parrocchie bolognesi che risale al 1500. Ogni parrocchia a turno celebra il SS. Sacramento con processioni lungo le strade, e le case vengono addobbate a festa con i drappi dipinti o ricamati che le famiglie si tramandano da generazioni. La torta di riso viene offerta nelle case e per le strade e come sempre accade tra chi le prepara c'è una più o meno benevola competizione a chi la fa più buona.
    Poichè un'altra festa molto sentita in città è quella dell'Ascensione, durante la quale l'immagine venerata della Madonna di S. Luca ritorna al Santuario sul colle della Guardia dopo essere stata esposta per tutta la settimana precedente nella cattedrale di S. Pietro, la torta di riso è col tempo diventata caratteristica anche di questa ricorrenza.

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    • #17
      io portero alla domenica le "chizze" e la torta "Broletto"

      le chizze sono una specialita ebraica reggiana l'invetore fù un fornaio a metà ottocento aveva il forno vicino alla antica Sinagoga..
      poi cè anche la versione reggiana con lo strutto nell'impasto,
      ma l'origine delle chizze sono cotte al forno e senza strutto quindi una sfoglia al burro,
      da quel che ricordo io le à sempre mangiate fatte con la pasta sfoglia.

      la ricetta molto semplice si fa una pasta sfoglia sottile
      si tagliano dei rettangoli dove si mettono una o due fettine di parm.reggiano giovane si richiudono a bauletto si appoggiano in una placca con sopra carta da forno,
      a parte con una forchetta si sbatte un uvo poi con un pennello lo si passa sulle chizze e si mettono in forno già caldo a 160° gradi.

      la torta Broletto

      Via Broletto è una via con un arco una piccola galleria che unisce Piazza S.Prospero patrono di RE con la basilica è la piazza più bella della mia citta (e non detto solo da me) dove da sempre so svolge il mercato due volte alla settimana,
      da lì si va in piazza Duomo piazza Prampolini con il palazzo comunale e appunto il duomo,
      e li vicino negli anni sessanta quando abitavo in citta vi era un forno dove andavamo a prendere il pane e facevano questa torta che compravamo un pezzo al sabato da mangiare alla domenica.

      la ricetta
      è a base di pasta sfoglia anche questa,
      si preparano 2 dischi di pasta sfoglia uno sul fondo dello stampo imburrato e infarinato leggermente lasciando i bordi alti,
      poi si tritano molto fine 200 gr di noci,
      24 biscotti secchi pestati bene,
      100 gr di scaglie di cioccolato fondente,
      circa 100 gr di meringa sbriciolata(io ne metto a occhio 2 manciate)
      100 gr di buon miele,
      scorza gratuggiata di un limone,
      75 gr di zucchero,
      un bicchierino di Sassolino
      un disco grande come la tortiera di pandispagna basso o anche pasta biscotto (ricordo che in inverno ci mettevano fette di panettone)

      in un contenitore si mescolano bene tutti gli ingradienti con metà del Sassolino deve risultare un ripieno morbido ma non troppo,
      poi si mette una parte del ripieno ben steso sulla pasta sfoglia poi il disco di pandispagna
      si inumidisce con il rimanente Sassolino,
      unire il rimanente ripieno e ricoperto con la pasta sfoglia rimasta, va in forno già caldo pe 30 minuti circa a 160° gradi.

      [ 14.05.2007, 20:22: Messaggio modificato da: meris ]
      meris

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      • #18
        Faccio i panzerotto alla barese ed anche con variante con cime di rapa
        Orecchiette con sugo di prosciutto e ricotta marzotica

        «Il mondo attorno all'antico San Nicola è un formicaio ebbro di vitalità . Vecchi cortili sono stanze, vecchie cappelle sono magazzini, una scala sfonda un muro, un muro alza la testa oltre il soffitto. Passa con il braccio steso il venditore di pomodori secchi e salati e il suo lamento incomprensibile eccita l'appetito. Allora mille bambini seminudi sporgono il loro pezzo di pane. Mentre la madre pettina la comare, la figlia fa la pasta su una pietra larga, davanti all'uscio di casa. Con un pizzico di pasta mette al mondo altri pupi, ci soffia su: andate a giocare, toglietevi di qui. Così si moltiplica all'infinito la vecchia Bari, grazie a Dio, cresce nuova e non muore mai.»
        (Italo Calvino, Finibusterre, 1954)

        Le '''Orecchiette''' sono un tipo di pasta tipico della regione [[Puglia]], la cui forma è approssimativamente quella di piccole orecchie, da cui deriva appunto il nome. Nel tarantino è ancora in uso il sinonimo "chiancarelle" o ''recchted''.
        La loro dimensione è di circa 3/4 di un dito pollice, e si presentano come una piccola cupola di colore bianco, con il centro più sottile del bordo e con la superficie ruvida.
        Ne esiste anche una versione realizzata senza la forma di cupola, meglio conosciuta come ''"Strascinate"''.
        In tutte le varianti, si realizzano utilizzando esclusivamente [[farina]] di [[Frumento|grano]] duro, [[acqua]] e [[sale]].

        La ricetta tipica regionale è quella che le vede insieme alle cime di [[rapa]].

        ==Storia==
        Le origini delle Orecchiette non sono da ricercarsi in Puglia, ma molto probabilmente nella zona provenzale francese, dove fin dal lontano [[Medioevo]] si produceva una pasta simile utilizzando il grano duro del sud della [[Francia]].
        Si trattava di una pasta molto spessa e a forma di dischi, incavata al centro mediante la pressione del dito pollice: questa forma particolare ne facilitava l'essiccazione, e quindi la conservazione per fronteggiare i periodi di carestia.
        Sembra anche che ne venissero imbarcate grandi quantità sulle navi che si accingevano ad affrontare lunghi viaggi.
        In seguito, sarebbero state diffuse in tutta la Puglia con il loro nome attuale dagli [[Angioini]], dinastia che nel [[duecento]] dominava le terre della regione.


        Per le ricette a più tardi

        [ 21.05.2007, 12:29: Messaggio modificato da: ventana ]
        "La tua irrequietudine mi fa pensare agli uccelli di passo che urtano ai fari nelle sere tempestose: è una tempesta anche la tua dolcezza, turbina e non appare, e i suoi riposi sono anche più rari" (Montale)
        http://ventanasogniedolcezze.blogspot.com

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        • #19
          Per il tavolo comune etnico la scelta dei miei piatti è andata su questi:
          Grecia- HORIATIKI (insalata greca) TZATZKI (salsa di cetrioli e yogurt)
          Spagna GAZPACHO (zuppa fredda di pomodori e verdure)
          Medio Oriente Biscottini GHORAIBI frollini di pistacchi ORASS BI LOZ dolcetti di mandorle) BARAZIK biscotti di sesamo

          Comincio con la GRECIA , la cui cucina basata com'è sull'olio di oliva e i formaggi di pecora e di capra, sulle carni grigliate e la frutta e la verdura fresca è l'essenza della cucina mediterranea. Il variegato paesaggio, ha dato vita a una sorprendente varietà di tradizioni regionali, accomunate dal piacere di stare a tavola.
          L'assortimento di salse nella cucina greca si è sviluppato dall'antico e tradizionale modo di mangiare chiamato 'meze.... Questa abitudine implica molti piatti di tutti i tipi distesi su un tavolo. Ogni commensale prende piccole quantità di un piatto che lo stuzzica, le salse si servono con pane fresco abbrustolito o con verdure crude.
          La salsa TZATZIKI si fa con cetrioli grattugiati e lasciati scolare con un po' di sale, yogurt con il 10% di grasso (io prenderà quello greco) aglio schiacciato, olio EVO, aceto bianco sale pepe nero macinato fresco, menta.
          HORIATIKI ( insalata greca) si compone su base di lattuga a foglia intera: formaggio feta, pomodori a fettine, cetriolo a fettine, cipolla rossa a fettine, peperoni, olive nere,origano, olio evo

          Per la SPAGNA , La tradizione Iberica fonde la cucina semplice e popolare con quella elaborata di origine aristocratica, nella quale si rintracciano chiari influssi moreschi. Gli arabi, d'altronde hanno dominato la Spagna per quasi 800 anni, diffondendo l'uso delle spezie, del riso e delle arance, alimenti ancor oggi alla base del repertorio culinario spagnolo. Gli ingredienti della cucina spagnola sono il frutto che la terra restituisce al generoso lavoro dell'uomo, alcuni sono presenti dalla più remota antichità , come l'olio e il vino, altri sono relativamente più giovani, come il riso, i peperoni, i pomodori, ma sono diventati ormai fondamentali in un'alimentazione che oggi è apprezzata da tutti.
          Per il GAZPACHO che io ho scelto per la freschezza, la leggenda narra che l'imperatore Adriano istituì per le legioni di stanza nella penisola Iberica un piatto d'ordinanza la ' POSCIA..., che i contadini andalusi fecero propria con il nome di 'gazpacho..., una preparazione rinfrescante adatta a reintegrare le vitamine e i Sali Minerali bruciati dal sole torrido delle campagne intorno a Granada e Siviglia. Questo piatto povero si arricchì iù avanti, sempre grazie al contributo degli Arabi, che abbineranno alla poscia la loro 'albaroma... una peperonata ricca di vitamine.
          Ci sono varie versioni di Gazpacho, anche senza pomodori, con diverse aggiunte,la mia assomiglia molto alla versione Andalusa alla quale però tolgo l'uovo crudo e lo zafferano.
          Dev'essere tenuto in frigo e servito freddo con l'aggiunta di un po' delle verdure tagliate a piccolissimi dadini e volendo piccoli crostini di pane. Le aggiunte di un pizzico di zafferano e cumino la rendono più speziata, magari faremo due versioni.

          Per il MEDIO ORIENTE i biscottini di cui sopra, abbiate cuore, non ho voglia di riscriverli ancora, son difficili, ma al raduno metteremo i cartellini per benino".
          I dolci non fanno parte del pasto tradizionale Mediorientale, non son serviti al termine del pranzo ma sono riservati per gli ospiti e per le occasioni speciali. I datteri, le mandorle, i semi di sesamo sono gli ingredienti preferiti e sono utilizzati in modi differenti per fare dolci e biscotti.
          La cucina mediorientale si basa sulle tradizioni rurali di allevatori e popolazioni nomadi che hanno abitato questa regione per millenni. Alcuni piatti descritti negli antichi testi egiziani e nella Bibbia sono ancor oggi in uso. La diffusione di questa cucina nel bacino mediterraneo avvenne attraverso le conquiste dei guerrieri islamici in Nord Africa, e, attraverso la Spagna, in altre aree del continente.

          Alla fine, questi piatti che mi sembrava avessero poco in comune, mi paiono ora legati da un unico filo, quello della nostra storia e della nostra cultura alimentare mediterranea.

          [ 31.05.2007, 18:34: Messaggio modificato da: fernanda ]

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          • #20
            L'AMATRICIANA

            Riuscire a parlare delle origini della amatriciana è piuttosto difficile in quanto gli si attribuiscono diverse provenienze.
            Si dice che in nome derivi dalla città di Amatrice, nel Lazio e fosse il piatto preparato dai pastori matriciani per la semplicità di esecuzione e i pochi ingredienti a disposizione.
            In origine era senza pomodoro e veniva chiamata "Gricia" (si pensa dal nome di un piccolo paese in provincia di Amatrice); più tardi, con l'importazione di alcuni prodotti tra cui il pomodoro, la ricetta subì un'evoluzione e si trasformà in quella che è l'attuale bontà .
            C'è un'altra teoria che sostiene che la ricetta fu inventata da un cuoco di origini amatriciane in onore alla sua terra e il nome derivi dall'uso del guanciale (detto matrice) e dai vasi dove veniva conservato il pomodoro (matara).
            Sebbene ancor oggi si discuta sull'utilizzo di alcuni ingredienti (si dovrebbero usare gli spaghetti e non i bucatini), fondamentale, per la riuscita di una buona amatriciana, è l'uso del guanciale (e non pancetta), del pomodoro, del pecorino.......cipolla si....no....boh

            [ 15.05.2007, 14:52: Messaggio modificato da: Paprika ]
            "E tu li devi aprire sul mondo. Gli occhi sono lo specchio dell'anima. E tu li hai splendidi entrambi!!" (Ross)

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            • #21
              cita:
              Inviato da: Paprika:
              [/QUOTE]Paprika, perché hai cancellato tutto? Lo avevo letto velocemente, volevo rileggerlo e tu fai questi scherzi

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              • #22
                http://www.uaar.it
                http://www.cicap.org/new/index.php
                http://www.flickr.com/photos/rossopersempre/sets/72157626647765870/show/

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                • #23
                  Cansi chetteridi [img]tongue.gif[/img]

                  Fernanda [img]graemlins/E20.gif[/img] devo solo rielaborarlo meglio
                  "E tu li devi aprire sul mondo. Gli occhi sono lo specchio dell'anima. E tu li hai splendidi entrambi!!" (Ross)

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                  • #24
                    Il peposo che mi hanno chiesto di replicare ancora una volta è un piatto che ha radici medieval-rinascimentali, perché sembra sia nato per sfamare le maestranze addette ai forni dell'Impruneta dove si cuocevano i laterizi necessari alla costruzione della Basilica di S. Maria del Fiore. La storia romanzata parla di un cuoco, forse meglio uno scalco ovvero colui che è addetto al taglio della carne, che mise insieme un po" di pezzi di carne di bassa qualità come il muscolo e lo zampetto, li mise in un tegame ovviamente di coccio assieme ad un bel po" di pepe (il frigorifero non esisteva, e la conservazione precaria faceva assumere alle carni odori non proprio appetitosi), a del vino che ovviamente in Chianti non mancava, ed a qualche spicchio d'aglio; e poi mise il tutto sulla bocca di uno dei forni che stavano cuocendo mattoni e tegoli. Sulla bocca, perché all'interno ci sono oltre 400° e la carne carbonizzata, pur con tutta la fame del mondo, non la mangiavano neppure allora. Ore di cottura, ed a mezzogiorno tutti a mangiare con un po" di quell'intingolo (poco, è molto saporito) e tanto pane, che costa il giusto e sfama molto.
                    Tutto qua. Oggi si sono apportate alcune modifiche, la principale delle quali è il pomodoro che ovviamente ai tempi del Brunelleschi, essendo l'America ancora da scoprire o al massimo appena scoperta, quaggiù non si sapeva nemmeno cosa fosse. Poi si aggiunge qualche altro odore in più, ovvero carota sedano e cipolla nel soffritto ed un chiodo di garofano o due che forse però c'erano anche allora; e basta. La base della ricetta è rimasta invariata, con lo steso tipo di carne e la cottura lunga a calore non molto alto.
                    Un giornalista fiorentino, tempo fa, ne fece oggetto di un gradevole raccontino svolto in prima persona, come se ci fosse stato lui a mangiare con ser Filippo. Ve lo ripropongo:

                    "Il Brunelleschi rimase entusiasta della prima portata, semplice e gustosa (era la zuppa lombarda, nota del Tosco), tanto che ne ordinà ancora una piccola porzione. Finita anche questa, si accostà a Lapo, in attesa del peposo alla fornacina; e per pregustare in anticipo la portata, chiese al fornaciao la sua ricetta. Lapo, bevve un gotto di vino rosso, si asciugà la bocca con la manica del braccio destro, poi si schiarì la voce con un colpetto di tosse, ' la circostanza un po' lo intimidiva ' dopodichè provvide a parlare della sua ricetta:
                    Prendete tanto muscolo di manzo, quanto ne vuole per la nostra brigata, con qualche tocco al quale sia aggrappato anche del grassello, e portare a pezzi in misura di boccone, due capidaglio spuntati e pestati. Mettere tutto quanto in una grande pignatta, pepare abbondantemente e salare con prudenza, portare sul fuoco o come facciamo noi all'Impruneta, all'imbocco della fornace. Girare col grande mestolo di legno, cercando di non far attaccare al fondo la carne, quando il colore sarà ambrato, scolare l'acqua che si è formata. Rimettere sul fuoco e versare mezza brocca di vino rosso e far tirare un poco, quindi aggiungere il pomodoro fresco ben pelato e senza semi, e del concentrato in poca misura, (fingiamo che Colombo lo abbia già portato dalla lontana America), infine acqua a coprire tre quarti della carne e far sobbollire lentamente per circa due ore, tenendo sempre la pignatta sotto controllo, se si asciuga troppo, aggiungere ancora acqua calda per non smorzare la cottura. Servire in ciotole di coccio e cospargere ancora una buona dose di pepe macinato al momento. Meglio non mettere olio, nè in cottura, nè a crudo. Per voi Messer Filippo come contorno: fagioli all'uccelletto e rape rifatte."

                    E' concesso, nel mangiarlo oggi, far finta di essere a quei tempi, parlare in italiano aulico e pulirsi la bocca con la manica. Fa entrare ancor più in atmosfera.
                    Gabriele
                    "A essere italiani tutti son boni!..... Ma provati a esser toscano, e pratese, se ti riesce." (Curzio Malaparte)

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                    • #25
                      rido perché mi sono messo di buon umore
                      http://www.uaar.it
                      http://www.cicap.org/new/index.php
                      http://www.flickr.com/photos/rossopersempre/sets/72157626647765870/show/

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                      • #26
                        Tosco posso fare un'obiezione? Non sono tanto d'accordo sul fatto che all'epoca del Brunelleschi dei lavoranti potesserto utilizzare il pepe per togliere il sapore di andato a male a della carne di scarto.
                        All'epoca il valore del pepe era solo leggermente inferiore a quello dell'oro (tanto che addirittura a chi stava alla dogana venivano cucite le maniche per evitare che "involontariamente" un chicco di pepe finisse all'interno...) e forse sarebbe costato loro decisamente meno comprare della carne sana. Di certo il consumo del pepe all'epoca era elevato, spesso anche eccessivo, ma era usato dalle classi nobili come uno sfoggio di ricchezza.

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                        • #27
                          Ho già sentito altre volte codesta obiezione, Ross, che non è certo peregrina.
                          Ma evidentemente ci dev'essere qualche altra motivazione, che però mi sfugge. La ricetta è quella, con l'uso e l'abuso di pepe che si sa. E vi sono altri piatti di quell'epoca dove le spezie venivano largamente utilizzate: per fare solo due esempi, il panpepato ed il panforte, dove ce ne sono a bizzeffe. E tutti i piatti di carne avevano nella speziatura una caratteristica costante, tanto da far nascere come giustificazione la teoria che vi si facesse ricorso non solo per il gusto ma appunto per coprire sapori sgradevoli. Che vi fosse qualche spezia poco costosa, o forse il pepe era calato di prezzo?
                          Boh, io non lo so. Del resto, ora il pepe non è poi così caro. E Enzo ne ha un albero in giardino. Io sto a posto.
                          Gabriele
                          "A essere italiani tutti son boni!..... Ma provati a esser toscano, e pratese, se ti riesce." (Curzio Malaparte)

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                          • #28
                            Tosco all'epoca il pepe era carissimo, tanto che fu una delle motivazioni per la spedizione di Cristofo Colombo che cercava una via alternativa per le spezie.
                            Il panpepato ed il panforte d'altro canto non erano tipicamente cibi da operai, così come la carne ...
                            Comunque sono d'accordo con te che deve esserci un'altra spiegazione (forse che la ricetta abbia un'altra origine?)...

                            p.s. tosco, mettiamoci al lavoro e scopriamo la vera origine del peposo... dai...

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                            • #29
                              Se ti beccano all'Impruneta mentre cerchi di scippargli o di spu@@anargli il peposo..... [img]graemlins/E17.gif[/img] [img]graemlins/E17.gif[/img] [img]graemlins/E17.gif[/img] [img]graemlins/E17.gif[/img]
                              Gabriele
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                              • #30
                                Oh tosco... l'amore della scienza come prima cosa... è un po' come il discorso del pomodoro... 'un è che ci dica tanto (a volere essere gentili.. )

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