di Rucoletta

Alle sette e mezzo è meglio che alle otto e mezzo. Ovvero, il pane sardo.

“Alle sette e mezzo è meglio che alle otto e mezza”

Si sa, noi sardi siamo di poche parole, non c’è da esplicitare ulteriormente, nelle piccole frasi e i modi di dire c’è insito tutto quello che l’interlocutore dovrebbe captare.
Mi trovavo in una delle le mie scorribande sagraiole, una delle ultime manifestazione di ‘Autunno in Barbagia’ ad Oliena ridente paese montano nel cuore della Sardegna, leggevo in uno dei tanti murales una poesia di Gabriele D’Annunzio che ha avuto con Oliena un forte rapporto tant’è che la cita nei suoi scritti, più che altro il suo attaccamento al territorio era dovuto ai piaceri di “Un itinerario bacchico” esplicitato in un suo articolo nel corriere della sera agli inizi del ‘900.

E’ li, proprio su quella via, che ho incontrato due tzias (tzia=figura femminile di una certa età custode del sapere) Anna e Franca che facevano ritorno a casa dopo una pausa durante la lavorazione del pane. C’è stata una intesa tra noi tant’è che dalla poesia siamo passate subito a parlare del pane. Quel giorno ormai era andato, avevano già terminato tutta lavorazione e mi invitano a vedere il forno ed ad assaggiare il loro prodotto. non me lo sono fatto ripetere due volte e tra un assaggio e una chiacchiera mi hanno invitata a partecipare alla successiva lavorazione che avrebbero fatto da li qualche settimana.

Lunedi scorso ricevo la telefonata che aspettavo, avevano organizzato la lavorazione per il sabato successivo e mi invitavano ad andare, io ho subito accettato e ho chiesto a che ora sarei dovuta essere li perché essendo distante avrei dovuto fare i conti con il tempo che avrei impiegato per andarci. La sua risposta è stata ‘presto, alle sette e mezzo è meglio che alle otto e mezza… e ci siamo lasciate con l’intesa di risentirci il giorno prima per accordaci sull’ora esatta e il luogo dell’incontro. Normalmente uno avrebbe inteso che l’orario l’appuntamento fosse già stabilito e che sarebbe stato superfluo una ulteriore conferma. No, per niente, quella frase significava non alle sette e mezzo ma il più presto possibile in base alle tue possibilità , tant’è…

di Rucoletta
Ci siamo risentite il venerdi e l’appuntamento è stato concordato alle 5,30 di fronte alla chiesa di San Lussorio.

Come si capisce una bella differenza, contando che ci sarei dovuta anche arrivare vista la distanza che ci separava ero indecisa se andare a letto o se aspettare l’ora fatidica della partenza ‘facendo orario’… come si dice in gergo. Morale: sveglia alle 3,00 partenza alle 3,20 e arrivo alle 5,30 fresca per iniziare il lavoro. Ma loro non sono state da meno, anche la loro sveglia è stata mattutina per iniziare i preparativi e soprattutto per accendere il forno che deve avere una temperatura molto alta per cuocere su carasau.
All’inzio di tutta la procedura mentre la impastatrice faceva il suo lavoro ci siamo ritagliate 5 minuti per un caffè dato che non c’era il tempo ed era troppo presto per fare una colazione come si deve , la colazione si sarebbe fatta nell’intervallo tra la prima e la seconda cottura.

Quasi al termine della prima cottura decidono di fare una cottura particolare di alcune porzioni di pane che ci sarebbe servita per fare la colazione, su pane modde. Una sfoglia di pasta che viene cotto come l’altro, una sola volta, non viene separato in due fogli ma lasciato intero , piegato in quattro e conservato in una busta di plastica per non farlo indurire.

Siamo arrivati alle 8,30 si apparecchia un tavolino con il pane appena sfornato, affettati di diverso tipo e formaggio , da bere portano il vino fatto da loro, non il nepente da pasto ma un rosato da colazione e per terminare un caffè. Dopo esserci rifocillate si porta a termine il lavoro e si riordina, si son fatte circa le 10,00 .

Avevo già visto la lavorazione del pane carasau fatta in un panificio ma questa è stata una esperienza diversa, molto più umana e gratificante , ho colto tutti i segreti che in genere le ricette non dicono , a seguire mettero le foto a testimonioanza del mio impegno anche come reporter.