di Rossanina

Il sistema più “tradizionale”, quello con le molazze in granito è di sicuro il sistema di frangitura che mantiene sempre uno straordinario fascino in grado di incantare intere generazioni di italiani ma soprattutto di stranieri.

Il sistema con le molazze è costituito da una macina di fondo fatta in granito, un bacino metallico con un’apertura laterale per far fuoriuscire la pasta e alcune (da 2 a 6) ruotone verticali (le molazze) in granito a forma ellittica o cilindrica. Queste hanno un diametro che va da 90 a 140 cm (l’avevo detto che erano ruotone!) e una base di appoggio di circa 30/40 centimetri.

Per complitare l’apparecchiatura poi ci sono dei raschiatori delle molazze e del bacino metallico e delle palette che fanno sì che la massa delle olive sia sempre sotto le molazze e non sui lati della vasca. Infine una pala di espulsione serve per far fuoriscire la pala.

Un tempo azionate da animali o da getti di acqua adesso le molazze sono sempre mosse da elementi elettrici.

Questi tipi di frantoi hanno una capacità che va dai 300 ai 500 chili di olive e impiegano da 15 a 30 minuti per ottenere una pasta della giusta consistenza. Prolungare il tempo olttre il necessario non solo non vuol dire ricavare più olio (anzi, visto che i frantumi minuscoli di nocciolo creano ostruzione per il dreanaggio del liquido e quindi minor ricavo) ma anche ricavarne di peggiore poiché hanno inizio i fenomeni ossidativi che rovinano l’olio.

La pasta semisolida così ottenuta viene trasferita su alcuni dischi (i fiscoli) un tempo realizzati in fibre naturali quali canapa, giunco, e adesso fatti in fibre di nylon. I dischi sono sovrapposti e impilati inserendo un palo di sostegno di un torchio nel foro centrale.

Una volta raggiunta la sommità del palo viene azionato il torchio in modo da ottenere la famosa “spremuta di olive” di una nota pubblicità.

La pasta densa e solida che resta tra i dischi è detta sansa (e da qui con procedimenti chimici si ottiene altro olio, l’olio di sansa, appunto). E’ con questa sansa aggiunta all’impasto del pane che in Trentino fanno il Pan de Molche. Il liquido invece che fuoriesce è detto mosto ed è una miscela di acqua di vegetazione delle olive e olio e viene raccolto in apposite vasche dove, grazie all’affioramento, viene separato dall’acqua.

 

E’ a questo punto che l’olio viene fatto “decantare” in modo che la morchia (o le impurità che sono in sospensione nel liquido e che lo rendono opaco) cadano sul fondo. In alternativa l’olio può essere filtrato in modo da apparire limpido fin da subito.

[message_box title=”Curiosità” color=”red”]Per evitare che anche una sola goccia di olio andasse perduta, tutti gli attrezzi impiegati erano messi a sgocciolare in una vasca, detta “guadagnòlo”[/message_box]

In collaborazione conlogo aicoo

 

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