di Giuliana.

La cucina friulana delle origini è certamente una cucina semplice e i piatti tradizionali friulani sono diretta derivazione del mangiare contadino, il tipo di alimentazione più diffuso per secoli fra la popolazione.
Vi riporto così alcuni cenni storici che ho trovato sul bellissimo libro “Friuli in cucina.”
“Come mangiavano i nobili, gli intellettuali, i borghesi friulani dei tempi andati?
Sulla mensa dei servi, dei piccoli contadini, degli artigiani che vissero ai tempi di Poppone, patriarca di Aquileia dal 1019 al 1042, arrivavano modeste porzioni di pappe e polente fatte con farina di sorgo, avena, castagne e qualche rara focaccia di frumento, piccola selvaggina e pesce arrostito, alcuni semplici ortaggi, qualche frutto selvatico, cavoli, rape e poche altre verdure consumate crudo o cotte in modo molto semplice.

© Giuliana

Sulle mense dei nobili, dei potenti, le pietanze erano invece molte e molto abbondanti. Il potente, secondo gli usi del tempo,doveva essere ben nutrito, la nobiltà guerriera, ecclesiastici compresi dovevano dimostrare vigoria mangiando grandi quantità di selvaggina ben pepata e dal sapore forte, bevendo molto vino. Accanto alla selvaggina non mancavano insaccati, formaggi, pesce, frutta ed altri alimenti pregiati.
La proibizione per la carne rossa era però pressochè assoluta.
Il cibo quindi nel mondo friulano altomedievale è carico di significato e diventa un sistema di comunicazione.
Ognuno mangia a seconda di quello che è: esiste un cibo dei poveri e un cibo dei potenti.
Durante tutto il 1600, le angherie e le tasse imposte dai nobili e dai proprietari terrieri costringono i poveri a nutrirsi di poche cose. Il sorgo rosso, o saggina, escluso dalle tasse costituiva forse l’alimento principale. Quindi polenta e pane di saggina.
I legumi e le colture ortive in zone chiuse hanno avuto, in un periodo storico così travagliato in cui i furti nei campi erano all’ordine del giorno, un notevole sviluppo e incidenza nella mensa e negli scambi della famiglia colonica.
Alla fine del 1700, buona parte della popolazione contadina era affetta da pellagra, determinata dalla misera dieta quasi esclusivamente a base di polenta, e il numero dei podagrosi era molto alto anche nel secolo successivo.
I primi decenni di questo, vedono l’avvicendarsi del dominio napoleonico con quello austriaco, ed è un susseguirsi di carestie in tutto il Friuli che provocarono una pesante miseria fra la popolazione. Il commissario dell’Imperial regio governo organizzò l’assistenza attraverso commissioni locali in ogni distretto dando incarichi ai preti di ogni comune.A modico prezzo veniva così distribuita la zuppa Rumfford che consisteva in una miscela di lenticchie, frumento brillato e altri cereali, il tutto condito con ossa di suini e di rado con del lardo.”

Friuli, punto d’incrocio fra oriente ed occidente, terra esposta ad invasioni.
Gli Unni, e dopo vennero i Longobardi e via via i Franchi, gli Ungari …
Crocevia anche di culture culinarie di popoli con i quali questa terra è venuta a contatto e che hanno certamente arricchito e influenzato la cucina originaria.
Usi, costumi e tradizioni culinarie si sono tramandate negli anni.
La cucina friulana dunque, una cucina semplice, immediata, ruvida ma varia, ricca e figlia di un territorio diversificato (monti, colline, pianure e mare).
Questa cucina è sicuramente imparentata con il modo di mangiare delle altre regioni settentrionali, in special modo del vicino Veneto. Ne sono testimonianza gli ingredienti di base, la cultura d’origine e la morfologia del territorio.
Una cucina semplice, povera, piena di zuppe e minestre, testimone di difficoltà economiche, conflitti di confine, tradizioni agricole, essa ha comunque mantenuto una sua dignità.
Ricordo i racconti dei miei nonni. Si cucinava quel che c’era, anzi quel che la stagione offriva.
Il condimento era il burro cotto, lo strutto e il sic (latticello fermentato che rimaneva dopo aver tolto il burro). Il burro cotto e lo strutto mia nonna li conservava in recipienti di terracotta e il latticello a portata di mano accanto al fogolar, nel suo contenitore di legno.
Il lardo si conservava nel camarin (un locale fresco e ben aerato dove si lasciavano stagionare i salami, gli ossocolli, il muset e tutti gli insaccati).
Le minestre bollivano a lungo con un osso di maiale. Ricordo ancora il profumo che si spandeva per tutta la casa e il sobbollire lento dei fagioli sul fuoco del fogolar.
A mezza cottura si finiva di condire con il soffritto o la “trida”, farina arrostita con il burro cotto o lo strutto.
E poi tante erbe aromatiche: rosmarino, salvia, alloro, prezzemolo, basilico, erba luisa, menta, menta rossa, melissa, timo ecc. ecc.
La carne maggiormente consumata era quella di maiale. Infatti fino a qualche anno fa il maiale era allevato in ogni famiglia e le sue carni conservate insaccate erano la scorta per il periodo primavera estate e la macellazione si effettuava d’inverno intorno al 30 novembre a Sant’Andrea. Infatti, mentre nascevo, in casa mia stavano facendo salsicce.
Quante volte da bambina ho portato il cibo ai maiali! E quante volte ho visto le scrofe allattare i maialini appena nati! Ora questo non esiste più.
La carne comunque era un lusso delle feste. il resto dei giorni si mangiavano frutta, verdura, piatti a base di cereali. Durante l’anno conigli, polli, galline, oche, anatre, tacchini e faraone erano gli animali più sacrificati. Vivevano a stretto contatto con l’uomo, calpestavano il suo stesso cortile, razzolavano nel suo orto, mangiavano i suoi scarti, producevano uova, piume, concime e finivano sulla sua tavola.
Una parola anche su due alimenti cardine: Crauti (capus) e Brovada.
I prodotti di base erano crauti e rape che vengono ancora oggi conservati in modo tale da subire per un certo periodo una fermentazione detta lattica. Tecnica comunque molto diffusa nei paesi nordici, frutto di un procedimento naturale che rende le verdure più digeribili.

Ciò che oggi è oggetto di valorizzazione non è comunque rimasto immutato nel tempo.
La ruvidità, la sapidità delle ricette friulane nasce ad esempio anche dal gran uso di spezie che le massaie avevano conosciuto andando “a servizio” a Venezia e che i mercanti trasportavano a piedi da Venezia alla Mitteleuropa.
Poi è venuta la crescita economica, lo sviluppo industriale, il turismo e la maggior possibilità di scambi.
Così la cucina friulana ha iniziato ad essere reinterpretata, migliorata, variata e maggiormente conosciuta. Gli ingredienti sono rimasti gli stessi. Alcuni alimenti hanno assunto ruolo di ambasciatori della buona cucina friulana. Penso al formaggio Montasio, al prosciutto di S.Daniele, ai vini (magnifici i bianchi, lasciatemelo dire), prodotti in sette zone a Doc, alle grappe ecc. per non parlare dei piccoli frutti della Carnia, delle patate del medio Friuli, della selvaggina e le castagne delle valli del Natisone, del pesce delle lagune di Grado e di Marano, dei salumi casalinghi e della gubana, uno dei più conosciuti dolci friulani.