di Gea
© Gea
Quando ero piccola l’8 dicembre aveva inizio il rito: tutti insieme facevamo il presepe (l’albero a casa mia non si usava…), un prespe bellissimo, antico, con tutte le statuine di gesso (putroppo quando c’e stata la tromba d’aria nel ’89 si è allagata la cantina e molte statuine, si sono “sciolte”).
Poi io e mio fratello cominciavamo a pensare a un piccolo spettacolino per il giorno di Natale.
Ogni vigilia di Natale, mia nonna veniva a casa nostra: lei e mia mamma, piemontesi, si davano alla bagna cauda… che noi aborrivamo, per noi c’erano valdostane di maiale.
Poi andavamo a dormire e la nonna stava con me nella mia stanza e mi aiutava a far passare il “mal di pancia” da ansia natalizia…. Mi coccolava se ogni due ore mi svegliavo per andare a spiare se Gesù bambino era passato…
Come mi piacerebbe averla ancora accanto a me, sentire il suo profumo delicato, un buon profumo di sapone di marsiglia, di altri tempi…

Da quando è morta, Natale è un po’ meno Natale…
Me la vedo seduta sulla sedia accanto al tavolo, con la camicetta di seta per benino e gilet di lana fatto ai ferri (con le tasche, perché sennò dove metto il fazzoletto…) a dire che non dovevamo preoccuparci di fare un regalo a lei che non dovevamo disturbarci…
Nel suo pacchetto, oltre al regalo vero e proprio, c’erano sempre dei mon cherì che lei adorava…. Oggi quando li vedo al super mi fanno tristezza, quasi mi scende una lacrima a pensare al suo sorriso furbetto mentre ne mangiavo uno….

Ma la vita deve continuare e miei Natali da grande sono attraverso gli occhi delle mie figlie… adoro decorare con loro la casa…. in estate cominciamo a preparare le decorazioni dell’albero… Poi verso l’8 dicembre montiamo l’enorme albero (quasi 2 mt) e prepariamo il presepe. Ne ho comprato uno Napoletano, bellissimo, anche se non è quello di gesso del nonno… L’anno scorso la giornata in cui abbiamo addobbato la casa mia figlia più grande mi ha detto “grazie mamma, è stata la giornata più bella della mia vita….”

Poi mi trasformo in babbo natale, compro regali per tutti, adoro cercare la cosa giusta per tutti.

Ma il momento più bello è la mattina di Natale, vedere i loro occhi emozionati davanti ai regali…. mi emoziono anche io e torno un po’ bambina…. mi manca solo la nonna li vicino che mi aiuta a scartare i pacchetti.

Se vi racconto di quello che mangiamo, dal malinconico, passiamo un po’ al comico!
Di quando ero piccola mi ricordo poco, a me del cibo a Natale importava poco… quello che contava erano i regali . Posso raccontarvi di oggi, da quando sono nate le mie figlie, natale si fa a casa nostra e io cucino, con l’aiuto di mamma e una zia.

Dopo un’orda di antipasti (dai classici salumi, sottaceti, a salatini, biochine salate, tartine mie innovazioni fuori tradizione) non mancano mai gli agnolotti in brodo e qui viene il primo motivo di dibattito fra me e mia mamma. Io gli agnolotti li preferirei conditi con un po’ di sugo di stufato, insomma asciutti e carichi di parmigiano, ma, anche se sono io che cucino, lei non cede e tutte le mattine di natale arriva col pentolone di brodo d’ordinanza.
Io lo congelerei volentieri e lo terrei per farci degli ottimi risotti (slurp), ma l’inflessibile guardiana della tradizione natalizia non cede!

Che poi tanto tradizionalista non è! lei è piemontese e fa (meglio faceva sono anni che non produce più) degli agnolotti da urlo, da svenimento. Ebbene che fa? Non solo mi dice di comprarli già pronti, ma non riesce a trovare il tempo di insegnami a farli. Io non voglio una ricetta qualsiasi, voglio la sua, quella li!
Ma quest’anno non cedo, ho un’arma segreta: mia figlia.
Da un po’ di tempo mi faccio aiutare da lei a fare i ravioli e quando c’è da mettere il ripieno nella pasta si diverte da morire. Ora se glielo chiede lei come cavolo si fa questo ripieno, agli occhietti di una nipote non si può dire di no, quindi per il primo, quest’anno dovrei riuscire a fare le cose per bene, in brodo, ma per bene.

Per il secondo passiamo dal Piemonte alla Sicilia (mio padre è siciliano) e sua zia (che è un po’ come fosse sua madre perchè lo ha cresciuto), porta un capretto fatto al vino bianco è un’altra cosa che non riesco a evitare, mio papà va pazzo per quel capretto, quello li, e la zia ci tiene tanto a farglielo (per la cronaca lei non lo mangia è troppo grasso per il suo stomaco malato)…
Noi altri non apprezziamo molto il sapore selvatico… del capretto, quindi qui mi posso sbizzarire e ogni anno aggiungo un secondo a mio piacimento.
Sui contorni ho le idee chiare: pisellini teneri (quelli Findus primavera è una delle mie poche manie per una marca…), patate al forno (per le più piccole) e cardi. Anche questi vengono dalla tradizione sicula. Puliti, sbianchiti in acqua acidulata, infarinati e fritti.

E poi i dolci” siccome non abbiamo ancora mangiato abbastanza”.
Non possono mancare panettone e pandoro con crema al mascarpone, torroni di varia natura, torroncini condorelli (il cavalier Condorelli ringrazia il mio papà che ne sbafa in quantità ), torrone morbido al caffe ricoperto di cioccolato delle sorelle Nunzia (questa è una ‘moderneria… mia) è dulcis in fundo” cannoli siciliani.