di Rossanina

LA POLENTA DI CASTAGNE

Io l’ho mangiata solo a Cetica. Fatta da Ottavio e da altri suoi compaesani.

La documentazione risale a quando a farla fu proprio Ottavio. Che, non me ne vogliano gli altri che sono stati svantaggiati da una farina meno dolce, è imbattibile!
In Casentino era pratica comune mangiare la polenta di castagne (polenta dolce) anche perchè patate e castagne dominavano l’alimentazione.
Chi la condiva con il baccalà* al sugo (a Faltona) e chi con ricotta o sanbudello come a Cetica.
La tecnica era più o meno sempre la stessa e i tempi di cottura, grazie alla lunga essiccazione delle castagne (che pelatissime davano un farina pregiata e bianchissima) erano molto ridotti rispetto a quelli della polenta di mais. Ma ridottissimi, si parla di una decina di minuti dalla ripresa del bollore, non di più.

la farina di castagne del posto, con alla base lo studio di un … un… insomma un enologo della farina che tra l’altro miscela le varietà* di castagne in base al loro aroma per ottenere una farina dolcissima e profumatissima.

Si mescola con cura, e per facilitare il compito arduo si appoggia il paiolo in una specie di panca con due buche di grandezza variabile (per permettere di incastrare paioli di dimensioni diverse) e si mescola con forza

Fino a quando non diventa una polenta soda (qui era stata fatta decisamente soda per poterla tagliare subito)

A questo punto si immerge una paletta di legno in acqua bollente e si raggruppa la polenta tutta verso il centro.
Si scalda nuovamente la parte inferiore per farla staccare
 E poi si rovescia e si taglia con il filo
di cotone bianco. Di solito si tagliano subito le fette, ma in questo caso sono stati tagliati degli spicchi per farla freddare un po’ prima.

Infine le fette sono servite con ricotta ovina freschissima e fredda (in modo da fare contrasto di temperatura)  o con il sanbudello (un salume ottenuto con le parti meno nobili del maiale e aromatizzato con finocchio) cotto con il pomodoro.