di StefaniaO.

Genova, anni 50.
Il quartiere dove sono nata si chiama “Lagaccio” prende il nome da un lago artificiale (ora campo da gioco) fatto realizzare da Andrea Doria per raccogliere l’acqua piovana per bagnare i favolosi giardini della sua dimora “Il palazzo del Principe”.
Quartiere racchiuso fra la Stazione Principe, il porto e i “monti”.
Allora c’erano diversi forni che oltre a pane e focaccia producevano i famosi biscotti, spandendo nell’aria il loro delizioso profumo. Quartiere di portuali, naviganti, operai. I nomi delle strade in prevalenza sono di città del Sud: Via Napoli, Via Gaeta, Via Vesuvio, Via Bari., ecc..
Io sono nata in Via Ponza e ho vissuto fino ai 35 anni in un palazzo di 18 appartamenti, tutti della stessa proprietaria. Si diceva li avesse acquistati per poco, in tempo di guerra. La ricordo quando il 5 del mese veniva a riscuotere l’affitto, una grossa signora, con guanti e cappello anche in estate, riponeva i soldi in una busta nella scollatura!
In ogni famiglia c’erano uno o più bambini, tante femmine, più o meno della mia età. Spesso ci sedevamo sui gradini all’interno del portone, a parlare ma anche a ricamare…ho ancora un piccolo centro con tutto intorno uccellini ricamati a punto erba…le grandi insegnavano alle altre, era un piacere e una conquista imparare.
In un angolo del portone c’era un gabbiotto con una signorina che rimagliava le calze di nylon. La ricordo curva sul suo lavoro, la lucetta sempre accesa ed il rumore della rimagliatrice. Quando non aveva lavoro ci accoglieva nel suo bugigattolo e rispondeva alle nostre domande…ci ha certo spiegato cose più lei che le nostre mamme!

© StefaniaO

A quel tempo la strada terminava contro un monte, ma erano gli anni del boom, si costruivano case…ricordo i lavori di scavo, quando la mina era pronta a saltare, si sentiva tre volte il suono di una trombetta, poi l’esplosione e la strada avanzava. (Ho letto qualche giorno fa sul quotidiano di Genova che parte di quella strada è pericolosamente franata trascinando verso il basso alcune auto e mettendo in pericolo quei palazzoni)
Mentre noi bambine stavamo nei pressi del portone di casa, guardate ogni tanto dai parenti dalla finestra, i maschi giocavano a pallone nella piazzetta, auto ne passavano ben poche, oppure esploravano pericolosamente il palazzo del prete, crollato per i bombardamenti.
Frequentavamo la Parrocchia, ricordo con nostalgia il “Mese Mariano” con la breve funzione tutte le sere, al rientro giocavamo a nascondino con l’ultima luce, nell’aria profumata dalle roselline rampicanti e fiori d’angelo dei giardinetti, con alcune nonne o mamme sedute sulle sedie a fianco del portone, a chiacchierare sorvegliandoci. Alla fine del mese c’era la processione, con la Madonna della Guardia portata in giro per il quartiere, seguita da noi bimbe con il vestito della Prima Comunione e poi tanti abitanti. Si abbellivano le finestre con le tovaglie più preziose, tutte le luci accese e si preparavano i petali di rosa da lanciare sulla statua.
Magari, se vi va, vi parlerò poi degli inquilini e delle ragazze di quel palazzo, le mie amiche di sempre.
Ormai ho passato i 60 anni, a volte mi vedo in qualche vetrina e quasi non mi riconosco, perché dentro sono ancora la bambina di Via Ponza.

Ecco la mia semplice e collaudatissima ricetta dei Biscotti del Lagaccio
350 g farina 00
150 g farina Manitoba
12,5 g lievito di birra fresco
100 g zucchero
75 g burro mollo
1 pizzico sale
1 cucchiaio semi di finocchio
1 cucchiaio acqua di fiordarancio
200 g acqua

Mettere i semi di finocchio nell’acqua alcune ore prima di usarli
Fare un lievitino con 100 g farina 100 g acqua un pizzico zucchero – Far raddoppiare (occorre 1 ora circa)
Impastare il lievitino con tutti gli altri ingredienti, deve risultare una bella massa setosa. Coprire e far lievitare un’ora e mezza.
A questo punto formare tre filoncini allungati, disporli sulle teglie sopra carta forno (Tengo i filoncini sopra alla cucina a gas mentre il forno raggiunge la temperatura, così lievitano un pochino)
Cuocere 20 minuti a 180 gradi
Far riposare i filoncini cotti diverse ore, anche tutta la notte
Tagliarli a fette oblique e “biscottarle” in forno caldo a 220 gradi, girandoli una volta

Io faccio il lievitino nella MDP, faccio lavorare un po’, poi spengo e faccio lievitare un’ora.
Aggiungo gli altri ingredienti, faccio impastare bene, spengo nuovamente e faccio lievitare un’ora e mezza.
In questo modo, sporco poco e l’impasto è al sicuro dai cambiamenti di temperatura.
Attenzione nella biscottatura, sorvegliate, bruciano facilmente.
A questa ricetta base, si può a piacere, aumentare un pochino zucchero e burro, ma è superfluo, sono già buoni così.

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